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Atalanta, salvezza vicina ma con un gioco così lo stadio si svuota

Luciano Passirani analizza la situazione in casa nerazzurra dopo la vittoria sul Chievo: "Il traguardo è ormai raggiunto, ma il gioco lascia sempre a desiderare. E nonostante le promozioni, i tifosi pian piano abbandonano lo stadio"

di Luciano Passirani

Colantuono, il solito Brienza a parte, contro il Chievo ha azzeccato tutti i cambi. Merito dei 39 di febbre – come comunica Marino nel dopo partita- con i quali, stoicamente, rimane in panchina? Decide Cigarini, che dopo aver assai brontolato per la seconda panchina consecutiva, ci mette non più di tre minuti da quando sostituisce un Baselli non brillante, per riprendersi una partita che l’Atalanta si era complicata, oltre ogni limite.  

Di fronte un Chievo i cui valori in campo, compresi quelli agonistici, sono di gran lunga inferiori a quelli di casa nostra. Non che l’Atalanta esalti la tifoseria, anzi i nuovi e ripetuti vuoti al “ Brumana “ la dicono lunga. Non c’è saldo che tenga (2 biglietti paghi uno) quando lo spettacolo non c’è.  Marino, chiamato a metterci la faccia al posto del mister, per quanto ovvio, difende lo spettacolo non esaltante, definendo  “tattica la partita“ , quindi “le due squadre finiscono per annullarsi“ . Tradotto tra le righe: Non lamentatevi, lo spettacolo può aspettare.  

È  questo l’eterno dissidio tra una classifica che ormai significa salvezza sicura e un gioco che lascia larghi vuoti allo stadio. Quindi giù il cappello alla classifica, ma lasciateci il diritto di pretendere qualcosa di più dal gioco.   La partita la vince Cigarini. La salva Consigli che in due occasioni abbassa la saracinesca. La perde il brasiliano Cesar che senza motivo lascia il Chievo in inferiorità numerica.  

L’Atalanta tenta di giocare palla a terra, rinvii perduti di Benalouane e Stendardo a parte. Il Chievo sembra riuscire solo nel gioco a campanile. Troppo poco per salvarsi. Corini lo sa, ma non è ancora riuscito a metterci mano, per quanto mostrato sul campo di Bergamo.  

In campo si distingue l’arbitro Celi, uno che con Gervasoni non si capisce come abbia fatto ad arrivare in serie A. Qualche santo lo continui a proteggere, visto che oggi non fa danni. Anche quando vorrebbe (farli i danni), un attento quarto uomo interviene a decretare l’espulsione per l’intervento di Cesar. Celi non si era accorto di nulla.

Così nemmeno si accorge di indossare una divisa molto neroazzurra, tanto che Stendardo più di una volta lo invita al passaggio, scambiandolo per un compagno. Malgrado i ripetuti inviti si ripresenta dopo l’intervallo con la stessa equivoca divisa.   Con i suoi collaboratori non disponeva di un ricambio di colore diverso? Beati coloro che aspettano l’uso della tecnologia, quando gli arbitri si perdono anche il colore della divisa da scegliere.  

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