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A milano

Giovanni Bonaldi con “Tzlil” in mostra alla fondazione Mudima

Giovanni Bonaldi, l'artista originario di Serina, con "Tzlil - suono" debutta alla Fondazione Mudima di Milano fino al 28 febbraio. Oltre alla mostra è stato pubblicato un volume dedicato all'artista edito nella collana Fluid per le edizioni Mudima con testi di Gino Di Maggio, Arturo Schwarz, Jean Blanchaert e Gianluca Ranzi.

Giovanni Bonaldi ha immaginato un percorso espositivo originale che si snoda attraverso il piano terra e il primo piano della Fondazione e che si avvale di una pluralità di mezzi espressivi quali la pittura, la scultura e l’installazione. Il lavoro di Bonaldi, giovane artista della Val Serina, si muove come una ricerca incessante e puntuale sulla radice del genere umano, sul reperimento di una identità dimenticata ma fondante, recuperando saggezza antica e visionarietà contemporanea.

Nel far questo il suo costante riferimento ai testi sacri della tradizione ebraica assume sia il valore di una conferma quanto il territorio fertile dove svolgere un ripensamento comprendente e profondo intorno al mistero che tutt’oggi circonda l’uomo e il suo agire. Il libro dedicato all’artista, della collana Fluid per le edizioni Mudima con testi di Gino Di Maggio, Arturo Schwarz, Jean Blanchaert e Gianluca Ranzi, sarà disponibile alla fondazione.

GIOVANNI BONALDI O DELL’ARTE MUSICALE

di Arturo Schwarz

Mi chiedo spesso perché l’opera di Giovanni Bonaldi – così intrisa di altissima spiritualità – possa emozionare un ateo come me. Su quest’ultimo termine vorrei fare una precisazione. Mi ritengo ateo nel senso che Spinoza, nella sua Etica, dava a questa parola. Egli stabiliva che esiste soltanto una Natura che, secondo le circostanze, è produttrice: “naturante" (naturans), oppure prodotta: “naturata”. Per il filosofo di Amsterdam non si deve stabilire una dicotomia tra un Dio creatore (“naturante”) e una creatura “naturata”.

L’essere umano è sia "natura naturata", cioè una manifestazione della natura, sia "natura naturante" e cioè creatrice. Questa visione – olistica e trascendente – del cosmo restituisce all’essere umano la sua grandezza. Ed è questa condizione unitaria che mi permette di vedere nelle opere di Giovanni, un tentativo di catturare la condizione sublime dell’essere umano – un binomio indivisibile Creatore-Creatura. In questa ottica – che abolisce di colpo anche il Principio di autorità associato alla divinità – la filosofia dell’anarchia affonda le sue radice. Per rendersene conto, basta tornare al significato etimologico della parola: an-archia, riconducibile ad an-arcos, dove l’ablativo an nega il concetto di gerarchia (arcos). Poche opere d’arte di questo secolo raggiungono un grado di spiritualità talmente profonda e struggente e profonda, , come quelle di Giovanni Bonaldi.

Anche perché la sua poetica non ha nulla in comune con quella dell’arte così detta “sacra.” Quest’ultima è tutto fuorché un tentativo di esprimere il sacro, anzi dissacra proprio la sacralità. Con la presunzione di essere didattica nega la funzione dell’arte che deve ispirare e non certo educare. Mettere l’arte al servizio di un’idea, di una politica, di una fede, è il mezzo più sicuro per uccidere sia la sua valenza illuminante sia la pulsione creativa. Ricordo una frase di Duchamp, un giorno mi disse “non si può valutare a parole il contenuto o il valore d’un quadro, Non si può trovare nessun linguaggio per parlare di pittura. La pittura è un linguaggio a sé.”’ Quando l’arte è un momento creativo, un evento trascendentale, ineffabile (e mi riferisco all’arte, non all’artigianato) diventiamo noi stessi parte dell’opera. Questo è il caso in particolare anche per un dipinto o un oggetto di Giovanni Bonaldi.

Guardare un suo lavoro con la partecipazione che esigono le sue opere significa farne parte idealmente. Questo mi ricorda un’altra frase di Duchamp che diceva: "sono gli spettatori a fare il quadro”. Anche in questo caso è necessario abolire la dicotomia tra l’opera d’arte e chi l’osserva. Se vogliamo fruirla pienamente dobbiamo imparare a guardare il lavoro con la stessa partecipazione di colui che l’ha creata. L’importante è riuscire a sintonizzarsi. Allora diveniamo un diapason e vibriamo al suono dell’opera come, in questo nostro caso, a quella di Giovanni Bonaldi.

SCHEDA DELLA MOSTRA

Artista Giovanni Bonaldi

Titolo TZLIL-suono

Sede Fondazione Mudima | Via Tadino 26, Milano

Date 12 febbraio – 28 febbraio 2014

Orario lunedì – venerdì 11.00 – 13.00/15.00 – 19.30

Ingresso libero

Catalogo collana Fluid – Edizioni Mudima

L’ARTISTA

Giovanni Bonaldi è nato nel 1965 a Serina – dove vive e lavora. Si diploma all’Accademia NABA di Milano nel corso di Pittura nel 1987.

Nel successivo anno accademico, viene nominato assistente di Gianni Colombo nel corso di Strutturazione dello Spazio presso l’Accademia di provenienza. Da allora svolge la sua attività di ricerca nell’ambito delle arti visive articolando i suoi contenuti con i testi della mistica ebraica. Ha collaborato con Alda Merini e Roberto Sanesi, Alberto Fiz, Carlo Pesce, Nadine Shenkar, Martina Corgnati, Silvia Gervasoni, Beatrice Resmini, Elio Carmi, Elena Di Raddo, Federico Sardella, Chiara Mari, Sara Fontana, Emma Panza, Riccardo Barletta, Card. Gianfranco Ravasi, Rav Elia Richetti, mons. Pierangelo Sequeri, Francesca Ruth Brandes.

Si sono alternate collaborazioni con strutture museali specifiche: MEB di Bologna (2004), il Museo delle Luci di Casale Monferrato (collaborazioni dal 2003 – 2013), Comunità ebraica di Venezia – Scala Mata Gallery (2008). Dal 2010 Arturo Schwarz si occupa del suo lavoro presentando un Libro d’artista in occasione della Fiera d’arte contemporanea di Bergamo e alla Fondazione Mudima di Milano nel 2011; a Casale Monferrato presso la Comunità ebraica nel 2011; a Castel Rozzone nello spazio espositivo comunale, nel 2011; presso la sede ASAV al Palazzo comunale di Seriate (2011) e in collettiva alla Galleria Peccolo di Livorno nel 2012. Sempre nel 2012, Arturo Schwarz ha redatto il testo critico per la mostra “… non dormire Bella Addormentata!” presso la Galleria Viamoronisedici a Bergamo e al Chiostro. 

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