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Il convegno

Auto aziendali, crisi e fisco penalizzante affossano il settore

Una tavola rotonda organizzata da Confindustria Bergamo e dal Gruppo Bonaldi ha affrontato il tema della gestione delle flotte aziendali, in un panorama che vede il settore in forte contrazione anche a causa di una politica fiscale penalizzante.

In Italia il settore dell’auto, storicamente trascinatore della nostra economia, sta vivendo una fase di crisi profonda: dal 2007 ad oggi le vendite sono crollate quasi del 50%, un decremento significativo dovuto sì alla crisi economica ma aggravato ulteriormente da un trattamento fiscale penalizzante, dai prezzi di benzina e assicurazioni più alti d’Europa, dal superbollo, dai costi burocratici che attanagliano il proprietario di un’autovettura e da un ormai diffuso terrorismo fiscale.

Non fanno eccezione, a questo proposito, nemmeno i veicoli aziendali che in Italia rappresentano il 36,2% del mercato, un numero che in realtà risulta gonfiato (perchè include anche i numeri dei Rent a Car e dei Chilometro zero) e che mette il nostro Paese ben alle spalle di Germania (dove le auto aziendali costituiscono il 62% del mercato), Gran Bretagna (52,5%), Francia (44,5%) e Spagna (43,6%).

Un approfondimento sul tema è stato oggetto di una tavola rotonda “Auto e Fisco: la gestione delle flotte aziendali”, organizzata da Confindustria Bergamo in collaborazione con il Gruppo Bonaldi, leader di settore e primo concessionario italiano del gruppo Volkswagen.

“L’Italia ha ancora molto da fare in materia di civiltà fiscale – ha detto in apertura Monica Santini, vicepresidente di Confindustria Bergamo – e la normativa tributaria sugli autoveicoli è emblematica: sono stati inseriti valori quasi punitivi, controbilanciando le ultime agevolazioni con un inasprimento normativo senza eguali. Quasi non esiste il concetto che con gli autoveicoli si faccia impresa: una visione miope che riduce di molto l’appeal dell’uso dell’auto in ambito aziendale”.

“Il tema della mobilità è importantissimo per le aziende – ha aggiunto Simona Bonaldi, amministratore delegato del Gruppo Bonaldi – In un’ottica espansiva significa raggiungere il mercato in modo efficiente ed efficace. Il Fisco ci ha complicato la vita perchè invece di favorire il sistema azienda ha introdotto nuove norme penalizzanti e di difficile interpretazione: per questo in Bonaldi non vendiamo solo il prodotto finale ma mettiamo a disposizione un valore aggiunto, quello del servizio di consulenza nella gestione delle flotte”.

In particolare, in Italia le auto aziendali hanno una deducibilità di 18mila euro, con una quota ammortizzabile del 20% e una detraibilità dell’Iva al 40%, mentre Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna possono contare su una quota ammortizzabile e su una detraibilità Iva al 100%.

Una politica fiscale di questo tipo non invoglia le aziende ad investire e si assiste quindi ad un deciso rallentamento della tendenza al cambio dell’auto: “In Italia il 27% delle auto aziendali ha un’anzianità superiore ai 5 anni, il 23% dai tre ai quattro – ha osservato l’amministratore delegato del Gruppo Bonaldi Gianemilio Brusa – E’ chiaro che non sono più mezzi così efficienti ed adeguati, anche dal punto di vista della sicurezza, senza contare che hanno un costo di esercizio maggiore perchè consuma all’incirca un 30% in più di un’auto nuova”.

Brusa ha anche posto l’attenzione sull’intenzione d’acquisto delle aziende: il 52% sceglie la proprietà, il 20% il leasing e il 28% il noleggio a lungo termine, una formula in crescita ma alla quale sarebbe meglio affiancare la consulenza di un concessionario.

Il professor Carlo Pino, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è sceso ancora più nello specifico sul tema della politica tributaria osservando come nel 2012 la pressione fiscale sul settore auto è stata pari a 72,7 miliardi di euro, pari al 17% del totale delle entrate fiscali e in aumento del 3,8%: numeri che fanno riflettere in considerazione del fatto che di pari passo consumi e utilizzo dell’auto sono in calo e che a questi vanno aggiunti anche i costi non deducibili.

L’auto – ha continuato il professor Pino – è un bene che, oggettivamente, è idoneo ad essere utilizzato in modo promiscuo. L’inerenza però deve essere provata da chi sostiene il costo: se l’imprenditore può provare l’utilizzo esclusivamente aziendale del mezzo allora può beneficiare di una piena detrazione, in caso contrario solo il 40% dell’Iva. Sono percentuali determinate da politiche di gettito: il legislatore cerca di tappare alcune falle di gettito con norme che risultano irragionevoli”.

Ma la colpa, osserva ancora il professor Pino, non sta solo da una parte: “Scontiamo tutti il ‘Paese Italia’, il paese dei furbetti dove tutti ‘scaricano’ tutto: e il legislatore si mette sulla difensiva, punendo tutti. Ne consegue che la legislazione tributaria italiana rende neutra la scelta dell’imprenditore in relazione alle modalità di acquisto delle auto aziendali perchè il vantaggio fiscale è irrisorio nel caso di un acquisto, di leasing o di noleggio: ciò che invece viene influenzato è la decisione di acquisto, affossando investimenti che in questo settore e di questa portata servirebbero a chiunque”.

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