La recensione

American Hustle: una miscela esplosiva tra dramma e ironia

I dialoghi serrati quasi alla Woody Allen sono tutti importanti, significativi per mantenere il filo della trama per nulla facile. Il rischio di perdersi c'è perchè ogni particolare conta ma il lunghissimometraggio non smette mai di attrarre attenzione con una riuscita miscela di dramma e ironia, inserita con graffiante cattiveria in una ricostruzione storica veritiera piena zeppa delle contraddizioni tipicamente americane.

Titolo: American Hustle;

Regia: David O. Russell;

Genere: drammatico;

Durata: 138′;

Attori: Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence;

Voto: sette, tre ai parrucchieri anni settanta.

Attualmente in visione: San Marco Bergamo, Uci Curno, Ariston Treviglio, Cinestar Cortenuova, Il Borgo Romano di Lombardia.

 

Abscam è l’operazione dell’Fbi che negli anni settanta provò con discreto successo a mettere le mani sulla corruzione dei politici, tema che a dispetto della data non ha mai perso attualità. Protagonista dell’operazione l’agente Richie Di Maso (Bradley Cooper), belloccio, arrogante quanto basta e soprattutto disponibile a sporcarsi le mani qua e là per arrivare alla meta. Per raggiungere lo scopo l’agente ha bisogno di complici capaci di trovare l’accesso al sistema ed ecco a voi la coppia di truffatori Irving Rosenfeld (Christian Bale) e Sydney Prosser (Amy Adams), uniti dalla passione ormonale e da quella color dollaro.

L’accordo è salvare i due dalla galera in cambio di un piano per arrivare ad incastrare i governatori corrotti. L’ingordo Di Maso addentrandosi nelle file della malavita ci prende gusto e scopre che negli affari c’è anche la mafia, materiale molto pericoloso, molto più del governo statunitense.

Un cameo di mostruosa bravura offerto dal mafioso Robert De Niro mette subito le cose in chiaro: chi tocca la mafia si fa male. Avete presente quando si gioca con le carte per costruire la piramide e la tentazione di mettere un altro piano è irresistibile? Come va a finire? Il regista David O. Russel costruisce attraverso una storia vera un puzzle convincente, un labirinto credibile e interessante nonostante la durata del film non sia di quella da raccomandare a chi è alto più di un metro e settanta.

La sceneggiatura racconta almeno cinque storie personali disegnando le caratteristiche psicologiche ai limiti delle psichiatriche; gente che racconta dalla mattina alla sera una marea di balle interrotte da brevissimi frammenti di verità.

I fermo immagine sulle espressioni di Irving, imbarazzato nel trovare in altrui la capacità di costruirsi una montatura addirittura più grande della personale che si scopre umana, valgono da sole l’intero film che regge anche per il fascino di tutti i protagonisti.

I dialoghi serrati quasi alla Woody Allen sono tutti importanti, significativi per mantenere il filo della trama per nulla facile. Il rischio di perdersi c’è perchè ogni particolare conta ma il lunghissimometraggio non smette mai di attrarre attenzione con una riuscita miscela di dramma e ironia, inserita con graffiante cattiveria in una ricostruzione storica veritiera piena zeppa delle contraddizioni tipicamente americane.

Colonna sonora che apre, introducendo il protagonista assoluto Irving Rosenfeld, con un sottofondo da sogno: A horse with no name degli America.

Si prosegue con Duke Ellington e ancora Delilah di Tom Jones, Live And Let Die degli Wings , I feel love di Donna Summer, Don’t Leave Me This Way di Harold Melvin & The Blue Notes, How Can You Mend A Broken Heart dei Bee Gees, Goodbye Yellow Brick Road di Elton John, Dirty Work degli Steely Dan e la magnifica 10538 Overture degli ELO!

Insomma carissimo Brother Giober, compilation da ascoltare e diffondere ai neofiti della musica maiuscola.

Bradley e Bale al Metropolitan Museum di New York davanti ad un Rembrandt: "People believe what they want to believe…". Già. Yeah!

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