di Stefania Burnelli
Una mostra di rara suggestione, fatta di carta, di aria, di luce. Di silenzi e di bianche epifanie. Questa è la proposta dello studio Vanna Casati fino al 30 gennaio, a metà tra scultura, disegno, scenografia, e in sintonia con l’intimità dell’atmosfera natalizia.
Si tratta della bella esposizione personale di Valeria Agostinelli, giovane artista che vive e lavora a Milano e che ha al suo attivo interessanti progetti artistici ed espositivi allestiti a partire dagli anni Novanta in Italia e all’estero. Un’arte, la sua, che non concede nulla alla retorica della bellezza o della narrazione, un’arte che vive di attimi sospesi, di non-accadimenti, di attese enigmatiche e che vibra di una leggerezza rara. Il visitatore è accolto, entrando, da trentanove creature di pochi centimetri di lunghezza, quasi impalpabili e di un biancore irreale: ognuna oscilla, al minimo soffio, appesa ad un cappello sostenuto da un invisibile filo.
Sono corpi rannicchiati e imbozzolati nella loro finissima sostanza di cellulosa, una sorta di materia onirica sovrascritta a china con frammenti di poesia: Alda Merini, Anna Achmatova, Pedro Salinas… queste e altre le voci (tra cui quella di Anne Sexton da cui è tratto il titolo della mostra “il sasso spezzato”) di cui si rivestono le identità solitarie e misteriose delle micro-sculture di Agostinelli. Al centro della riflessione il corpo, stilizzato, sproporzionato, in perenne disequilibrio, percorso dai fremiti di un respiro impercettibile e che sembra coincidere con il moto impresso da chi passa e sfiora le creature di carta e di pensiero. Un corpo sempre diverso, variamente stratificato e modellato, ma ricondotto a una serie dalla presenza di cappelli di uguale foggia, realizzati a stampo, che danno all’insieme l’effetto incantatorio di un sipario alzato su una coreografia di comparse replicate all’infinito.
La monocromia dell’installazione trova rispondenza nei disegni su carta che completano il progetto: undici scatole bianche in aggetto alle pareti con incastonate grafiche costruite a collage. La figura è sempre protagonista, ma al centro c’è anche l’idea di viaggio, seguendo il ciglio di una strada, una linea d’orizzonte, una traccia immaginaria, a ritroso nei ricordi o alla ricerca di un’identità ancora ignota.
E’ una mostra priva di un unico focus, dove il punto di vista dell’osservatore è costretto a migrare in continuazione perché ogni minuscola presenza scultorea e pittorica costituisce un cosmo intorno al quale le altre gravitano.
Lo stesso spettatore si ritrova così, un po’ pirandellianamente, “uno, nessuno, centomila”, alla ricerca di una identità in cui riconoscersi o con cui finalmente riconciliarsi.
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