• Abbonati
L'intervento

Bergamo non è capitale “ma butterà altri soldi a caccia di cavilli”

Alberto Barzanò, docente universitario ma anche senior advisor di una delle maggiori società di consulenza strategica, ritiene che siano soldi buttati quelli che il Comune di Bergamo vuole spendere per pagare uno studio legale di Roma che dovrà esaminare gli atti della commissione di selezione per la capitale della Cultura.

Alberto Barzanò*, docente universitario ma anche senior advisor di una delle maggiori società di consulenza strategica, ritiene che siano soldi buttati quelli che il Comune di Bergamo vuole spendere per pagare uno studio legale di Roma che dovrà esaminare gli atti della commissione di selezione per la capitale della Cultura.

Ecco cosa ha scritto a Bergamonews.

Nelle polemiche seguite alla mancata inclusione di Bergamo nella short list delle città preselezionate per diventare Capitale europea della Cultura nel 2019 mi sono ripromesso di non intervenire, visto che già BergamoNews stava svolgendo un egregio lavoro di richiamo alla realtà dei fatti, mettendo in evidenza da un lato quanto di poco corretto man mano appariva nella procedura, ma anche il modo in verità un po’ “avventuroso” con cui tutta la vicenda è stata affrontata dai promotori della candidatura della nostra città.

Ora però leggo che altri denari pubblici potrebbero essere presto buttati al vento per pagare uno studio legale di Roma che dovrà esaminare gli atti della commissione di selezione.

Credo allora che sia a questo punto un dovere civico doveroso dire con chiarezza non solo agli amministratori pubblici di Bergamo, ma anche ai miei concittadini, che in tutti i procedimenti relativi ad atti riconducibili alla competenza diretta o alla sorveglianza indiretta della UE (ed è questo il nostro caso specifico) il ricorso alle vie legali è e deve essere sempre l’ultima ratio, perché, a differenza di quanto si potrebbe immaginare e di quanto avviene di fatto in Italia (non a torto qualcuno scherzosamente – ma non troppo – ha definito il nostro Paese “una Repubblica fondata sul TAR del Lazio”), anche un singolo cittadino (immaginiamoci le istituzioni pubbliche!) è assolutamente certo di ottenere sempre rapida e puntuale udienza e grandissima attenzione dalla istituzioni comunitarie se solo la protesta o il reclamo che presenta sono minimamente fondati.

Non solo, quindi, a differenza che in Italia, nessuno a Brussels ha bisogno di avvalersi a priori dell’assistenza di un avvocato per ottenere ascolto alle proprie ragioni, ma, anzi, il ricorso a priori e senza motivo a procedimenti legali suscita (giustamente) una certa irritazione negli interlocutori comunitari vista la loro tradizionale e ben nota disponibilità all’ascolto e al dialogo diretto con chi ritiene di avere ragioni da illustrare e sostenere (a maggior ragione le autonomie locali, che hanno anche diretta rappresentanza a Brussels nell’ambito del Comitato delle Regioni) e l’inutile perdita di tempo e denaro che ogni procedimento legale provoca ad ambo le parti.

Detto questo, però, diamo pure per scontato che al risultato della preselezione si possa essere effettivamente giunti in modo del tutto irregolare (ma le ragioni – devo dire – sembrano in realtà attenere a fatti e circostanze differenti e ben più ampie e sostanziali di quelle che sembrano essere state finora evidenziate dal Sindaco di Bergamo ed esulano per lo più da ciò che potrà ragionevolmente aiutare a mettere in evidenza la pur ottima consulenza di uno studio legale).

Diciamo però anche, per onestà intellettuale, che i professionisti del settore hanno fin dall’inizio considerato senza molte speranze la candidatura di Bergamo per questo specifico programma europeo (“really funny” è stato il termine più gentile che mi sono sentito ripetere nei mesi scorsi a proposito della candidatura di Bergamo: e questo comunque solo da amici che mi sanno di Bergamo e amano a loro volta la nostra città, dove vengono non appena possono), mentre ce ne sarebbero stati (e ce ne sono tuttora) svariati altri in cui Bergamo avrebbe potuto e potrebbe avere avere ragionevoli probabilità di successo, con tornaconti concreti anche molto interessanti.

D’altronde, che il titolo di Capitale Europea della Cultura non abbia mai dato particolari vantaggi alle città che ne sono state insignite nel passato né sotto il profilo morale della visibilità né sotto quello più concreto e materiale del tornaconto economico (ad eccezione dei finanziamenti concessi dai rispettivi Stati: ma nel caso di Bergamo 2019 gli impegni assunti in tal senso da Stato e Regione sono notoriamente pari a zero) lo si sapeva fin dall’inizio: o, meglio, come lo sapevano i professionisti del settore, lo avrebbero potuto apprendere anche gli altri se solo avessero letto quanto evidenziato in proposito con dovizia di dati nel report che la Commissione Europea ha da tempo pubblicato, per mettere a disposizione di tutti l’esperienza accumulata sin qui dal programma delle Capitali europee della Cultura.

Tanto più questo vale dopo aver assistito al modo con cui la candidatura è stata preparata (senza evitare conflitti d’interesse non dissimili da quelli che oggi, a cose fatte, vengono rimproverati con durezza alle altre città candidate, e comunque senza tenere conto dei molti suggerimenti forniti nel già ricordato report della Commissione Europea) e dopo aver potuto (finalmente!) prendere visione approfondita dei contenuti del dossier di candidatura (che, a voler essere molto benevoli per carità di patria, si potrebbe probabilmente definire, con espressione eufemistica, “gravemente insufficiente”).

Per cui, la domanda finale che non solo come addetto ai lavori, ma anche e soprattutto come semplice cittadino bergamasco mi pongo è la seguente: perché, dopo aver buttato dalla finestra una quantità non irrilevante di denaro pubblico in momenti in cui gli stessi amministratori locali si lamentano perché quello disponibile non basta per lo svolgimento delle funzioni e dei servizi essenziali loro affidati, se ne dovrebbe spendere altro per un procedimento legale strategicamente e tatticamente errato e comunque del tutto superfluo, attivato nella remota speranza di poter perseguire un obiettivo che, quand’anche fosse raggiunto, non porterebbe alcun vantaggio alla nostra città e che comunque, allo stato degli atti e dei fatti, non avremmo oggettivamente alcun serio titolo per pretendere di conseguire?

Alberto Barzanò

Senior Advisor Kreab & Gavin Anderson Worldwide, Brussels

 

*Kreab & Gavin Anderson Worldwide è una delle maggiori società di consulenza strategica a livello globale. Membro fondatore di EPACA (la federazione delle società di questo settore) e accreditata presso l’apposito registro della UE, a Brussels dispone di un think tank assolutamente unico, formato da Senior Advisors che hanno ricoperto in passato posizioni di vertice in differenti istituzioni della UE. Fra i suoi clienti ci sono Governi (quello di Israele, ad es.) e alcuni tra i maggiori players dei più diversi settori dell’economia globale (Arizona Chemical, Emerson, Goldman Sachs, Google, Intesa San Paolo, MasterCard, The Prudential, Scania, UBS, Western Union, ecc.).

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
Bergamo non è capitale
Bocciata
Bergamo non è capitale per veti e dispetti che dividono la città
Alessandro Hinna
Il dubbio
Capitale della cultura: quei legami tra commissario e due città vincitrici
Bergamo capitale
Commissione
Bergamo capitale 2019 I motivi della bocciatura “Dossier poco europeo”
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI