È uscito di scena con lo stile che aveva scandito la sua vita di uomo e di calciatore. Il bergamasco Rosario Martinelli – morto nei giorni scorsi a 72 anni, nel Ticino – con il suo estro calcistico e con la sua caratura umana e professionale, era arrivato ai vertici del calcio nazionale svizzero.
Per una quindicina di stagioni fu una delle bandiere dello Zurigo, squadra che allora dominava in campo nazionale. Non è un caso se nella sua carriera, di fedeltà continua alla squadra della città della Limmat, Martinelli riuscì a conquistare qualcosa come 6 scudetti, innalzando anche per cinque volte la Coppa Svizzera tra il 1963 e il 1976.
Originario della Valle Seriana, di Gazzaniga precisamente (con famiglia di Fiorano), si era affermato ben presto grazie alle molte qualità tecnico-tattiche e anche atletiche nell’interpretazione del ruolo di centrocampista. Si cucì il primo titolo sulla maglia nel 1963 e poi l’ultimo nel 1976, anno in cui vinse anche la Coppa Svizzera. Rosario era diventato una leggenda.
Tra i momenti più alti ci fu anche una partita dell’allora Coppa Campioni contro il mitico Real Madrid. Da centrocampista Martinelli sapeva fiondarsi in avanti con efficacia, andando a bersaglio: segnò la bellezza di 126 reti – come ha ricordato l’autorevole NeueZürcher Zeitung – e molte partite furono risolte proprio da lui.
In quegli anni di lunga carriera al vertice, furono molte le squadre che corteggiarono Martinelli e tra queste l’Atalanta, ma le trattative – che fecero titoloni sui giornali – non andarono in porto, forse con qualche dispiacere, chissà, anche di Rosario, che avrebbe ambito ad un ritorno nella squadra della sua terra.
C’è da dire che a Zurigo si trovò bene e tutto l’ambiente calcistico avvolse di stima e di caldo tifo questo gentleman dello sport, che non ebbe mai un’espulsione e che conobbe anche poche ammonizioni. Signore nella vita e sul terreno da gioco. Rosario faceva parte di un’élite di prestigio non solo nazionale ma internazionale, con giocatori del calibro di Köbi Kuhn e KarlOdermatt, giusto per dirne due, nomi che hanno fatto la storia del calcio svizzero.
E tra questi c’è un altro bergamasco che si distinse, originario della Valle Imagna, André Daina, che giocò nel NeuchâtelXamax e nello Young Boys, arrivando anche alla nazionale svizzera, prima di diventare arbitro nazionale e poi internazionale. Martinelli, dopo aver vinto tutto con lo Zurigo, si era stabilito nel Ticino, dove ha chiuso la sua lunga parentesi calcistica al Chiasso, vestendone la maglia per due stagioni.
Da calciatore e da uomo, il bergamasco ha fatto onore all’Italia e agli italiani, al mondo della nostra emigrazione, negli anni non facili delle diverse iniziative xenofobe di Schwarzenbach e Ohen. Con il suo impegno, la sua serietà e una bravuradecisamente sopra le righe ha veicolato un’immagine positiva, seria e qualificante del nostro popolo con le valigie.
E non è un caso se i principali giornali svizzeri, anche quelli più attenti alla politica, alla società e alla cultura che allo sport come il “TagesAnzeiger”, gli hanno reso onore dedicandoglisignificativi profili, riconoscendo i molti meriti di un campione esemplare.
Agrifoglio
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