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Tettamanzi e Beschi: “I preti operai, sono veri missionari” fotogallery

L’arcivescovo emerito di Milano e il Vescovo di Bergamo hanno preso parte alla presentazione del libro sui preti operai, che si è tenuta sabato alla Agrati A.E. di Zingonia.

“Un prete o è anche missionario oppure non è nemmeno un prete. I preti operai sono stati autenticamente missionari, in quanto hanno condiviso le problematiche della gente, in modo particolare delle persone più deboli. Il loro operato è un esempio e una testimonianza anche per la Chiesa oggi, che può essere attualizzato sotto forma di aiuto verso le nuove povertà". Con queste parole il cardinal Dionigi Tettamanzi ha sottolineato il valore dell’impegno dei preti operai, in occasione della presentazione del libro “Profili di preti operai bergamaschi al crepuscolo della rivoluzione industriale”, scritto da Luigi Minuti, svolta sabato 26 ottobre alla Agrati A.E. di Zingonia.

Il cardinal Tettamanzi ha proseguito: “L’esperienza dei preti operai, presente nella bergamasca ma anche in diverse parti d’Italia e del mondo, ha un significato molto attuale: rimanda direttamente al vissuto di Gesù che, nei primi 30 anni di vita, ha lavorato come falegname insieme a san Giuseppe, suo padre, vivendo le difficoltà, oltre le gioie e la serenità che un lavoro può dare. Un’esperienza che dà un messaggio molto importante anche alla società del nostro tempo: di recuperare il significato sociale del lavoro, come mezzo che dà dignità a una persona”.

Riscoprire la figura del prete operaio, dunque, significa impegnarsi per costruire una società più umana, sull’esempio del Vangelo. Tettamanzi ha dichiarato: “I luoghi più cari a Gesù erano due: la folla e il monte. Cristo amava stare in mezzo alla gente, che lo cercava per avere speranza o consolazione, prestando attenzione soprattutto alle esigenze di chi avesse più bisogno. Poi amava ritirarsi sul monte, a pregare, per stare in compagnia del Padre, e ritrovare le energie per aiutare i fratelli. Allo stesso modo, i preti operai si sono dedicati alla fede e al lavoro, stando accanto ai lavoratori e curando il loro rapporto con Dio”.

Lo ha evidenziato anche il Vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, che ha dichiarato: “La presentazione del libro, organizzata in un ambiente coerente, in un luogo di lavoro, è un’occasione preziosa per ringraziare i preti operai, sia quelli che sono vivi sia quelli che sono morti. Le loro storie di vita sono testimonianza di un modo di essere uomo e di essere prete nella comunità, una testimonianza di Vangelo e di Gesù Cristo nella vita delle persone. A caratterizzare il loro impegno sono stati principalmente tre aspetti. Innanzitutto, la prospettiva della missione: nella loro esistenza si riconosce la missionarietà della Chiesa; molti di loro, per esempio, si sono formati nella Comunità del Paradiso, una bella realtà, che alimenta lo spirito missionario nella diocesi. Un secondo aspetto è la necessità evangelica di condividere la vita degli uomini, divenendo testimonianza dell’incarnazione di Dio nella storia. Nello stesso Vangelo, infatti, il Signore condivide fino in fondo la condizione umana. Una terza caratteristica, la coltivazione dell’impegno nel cambiare le situazioni di ingiustizia, un compito difficile, spesso visto con perplessità o preoccupazione ma che ha avuto anche riconoscimenti significativi nella storia. È stata un’esperienza che connotò il Concilio Vaticano II. Il decreto sulla vita sacerdotale, infatti, cita espressamente i presbiteri che esercitano lavoro condividendo la condizione operaia, così come scritto nell’“Octogesima Adveniens”, l’enciclica di Papa Paolo VI, che fece seguito all’illuminante “Rerum Novarum” di Leone XIII”.

Monsignor Beschi, infine, ha evidenziato: “Il vissuto dei preti operai, una realtà oggi non più così evidente, ci lascia un’eredità importante. Prima di tutto, ci invita a mantenere la capacità critica del Vangelo, che è in grado di entrare nella profondità delle cose e di indicarci ciò che non è umano. Quindi, l’impegno a coltivare una prospettiva storica: non basta declamare i valori contenuti nel Vangelo: bisogna avere la consapevolezza del contesto attuale, rendendoli la base di partenza per la realizzazione di nuovi modelli di sviluppo. Inoltre, l’esortazione a valorizzare la dialettica evangelica all’interno della comunità cristiana, a non essere tutti omologati e a sviluppare posizioni diverse che possono provocare qualche disagio ma che, animate dall’amore per la Chiesa, rappresentano una ricchezza. Poi, il richiamo alla necessità di avere competenze: non bisogna solo essere buoni cristiani, ma cristiani competenti per continuare la missione di tutta la chiesa. In conclusione, la centralità della vita dell’uomo nella Chiesa e la vicinanza dei sacerdoti ai sofferenti”.

Paolo Ghisleni

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