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Big Band per un Live e Ry Cooder svetta verso le 5 stelle

"Ascoltatelo", parola di Brother Giober. "Live in San Francisco" di Ry Ccooder And Corridos Famosos è un'amalgama perfetta di blues, roots, folk, suoni mariachi, che dimostra ancora una volta che la musica, quella vera, non richiede marchingegni tecnologici, ma solo cuore, tanto cuore... e un po' di tecnica.

Giudizio:

* era meglio risparmiare i soldi e andare al cinema

** se non ho proprio altro da ascoltare…

*** niente male!

**** da tempo non sentivo niente del genere

***** aiuto! Non mi esce più dalla testa

 

 

ARTISTA: Ry Cooder and Corridos Famosos

TITOLO: Live in San Francisco

GIUDIZIO: ****1/2

Aspettavo questo disco da più di 30 anni!

Nel 1977, in pieno marasma punk, comprai, credo per sbaglio, il primo album dal vivo di Ry Cooder, Show Time. Non ricordo il perché. Ai tempi non conoscevo Cooder, probabilmente mi piacque la copertina o fu il consiglio di qualche amico.

Ma bastò un ascolto per innamorarmi… con un po’ di vergogna di quei suoni. Vergogna perché in alcuni passaggi (Do Re Mi) quei suoni sembravano più vicini al “liscio” dell’orchestra Casadei che non all’amato rock dei Clash o degli X di Los Angeles.

Fatto sta che, ancor oggi, considero Show Time tra i miei dischi preferiti di sempre e Ry Cooder uno dei miei artisti prediletti.

Da allora sono passati molti anni, l’artista si è preso molte distrazioni, dedicandosi a colonne sonore (Paris Texas), a progetti mirati a promuovere e diffondere la musica di una regione piuttosto che di un’altra (Buena Vista Social Club), a collaborazioni più (Chieftains) o meno (Ali Farka Toure) riuscite.

Solo negli ultimi anni Ry è tornato ad una produzione musicale più tradizionale, più in linea con la sua ispirazione dei primi anni che traeva linfa soprattutto dal blues e dalla tradizione musicale americana. E anche il livello qualitativo è tornato ad eccellere grazie all’ultimo disco Election Day e a quello precedente Pull Up Some Dust and Sit Down.

Oggi Ry con questo disco corona un suo sogno: ossia quello di registrare un disco con una Big band… e quale Big Band! Vi basti pensare che sono con lui il fido Flaco Jimenez, fisarmonicista di mostruosa bravura, Terry Evans vocalista eccellente, entrambi già presenti nelle registrazioni di Show Time. Sono inoltre della partita Joachim Cooder, i vocalist Arnold McCuller e Juliette Commagere. Ma c’è anche la Banda Juvenil un ensemble di dieci elementi che contribuisce a dare al suono quel tocco mariachi che è una delle caratteristiche del disco.

Il concerto è stato registrato al Great American Music Hall, lo stesso teatro del precedente “live”.

Il risultato? Meraviglioso.

Alcune canzoni pescate dal vecchio repertorio, un paio di brani tratti dagli ultimi lavori, classici di altri autori, in una amalgama perfetta fatta di blues, roots, folk, suoni mariachi, che dimostra ancora una volta che la musica, quella vera, non richiede marchingegni tecnologici, ma solo cuore, tanto cuore… e un po’ di tecnica (ma qui ce n’è moltissima).

L’avvio è Crazy ‘bout an automobile (Every Woman I know), un blues venato di gospel di Billy the Kid Emerson, dall’andamento sincopato, dove svettano gli splendidi cori che contrappunto la voce di Ry Cooder e la chitarra di quest’ultimo. Grande suono e grande impatto e un crescendo che lascia allibito il pubblico che già dal primo brano sembra totalmente rapito.

In Why You Don’t Try Me la preghiera del protagonista è declamata a squarciagola, in modo tale che il ritornello resti nella mente e non l’abbandoni più. La sezione fiati è maestosa e il suono indimenticabile, il solo di chitarra nel mezzo del brano memorabile. Un grande brano che ti contagia con la sua allegria e il suo trasporto.

Boomer’s Story è il titolo di una delle opere passate più riuscite del nostro: una bella ballata lenta d’atmosfera, recitata a mo’ di preghiera, dove protagonista è la chitarra di Ry, che dipinge note dai sapori caraibici e con e voci in sottofondo da brividi.

Lord Tell me Why è tratta da Pull Up Some Dust… ed è un brano dove ogni musicista in un apparente disordine, che ricorda alcuni brani dei Neville Brothers, contribuisce a creare una cornice all’interno della quale Ryland si muove con la propria voce in totale agio . Ancora una volta i backing vocals sono determinanti nella buona riuscita del brano.

È la volta quindi di un trittico di brani già inseriti in Show Time: si inizia con il tradizionale Do Re Mi, di Woody Guthrie, con la "fisa" del grande Flaco Jimenez a condurre le danze per un brano che è allegria e ritmo allo stato puro. È se per un attimo vi sembra di ascoltare l’orchestra Casadei o Bagutti, e non ci siete abituati, fregatevene, lasciatevi andare e godete il brano che è spettacolare.

Si prosegue con School is Out, posto all’inizio di Show Time, qui riproposto in un versione più corposa e libera, con uno strepitoso dialogare della “fisa” con la chitarra di Ry. Un brano che non mi aveva entusiasmato in precedenza ma che in questa registrazione acquista vigore.

E si termina con Dark End of the Street, una del più belle canzoni di sempre , tratta dal repertorio di Dan Penn. Un brano che crea un’atmosfera di grande fascino, con un alternarsi di voci che emoziona e sullo sfondo la “fisa” di Jimenez a sottolineare i passaggi più intensi. Un brano straordinario reso in una versione superlativa (esagero? mi sono fatto prendere la mano? Vi garantisco di no. Ascoltatela.

El Corrido de Jesse James è tratta ancora da Pull Up Some Dust… Siamo ancora dalle parti del “liscio” per banalizzare. Ma il brano è bello, intenso con Jimenez sugli scudi e la Banda Juvenil impegnata a garantire l’impronta mariachi. È l’occasione da parte di Ry per scherzare con il pubblico e ringraziare pubblicamente, al termine del brano, la Banda Juvenil.

Wooly Bully è un classico degli anni ’60, proposto allora da Sam the Sham and the Pharaohs. Da allora moltissimi artisti hanno proposto la loro versione. Tra tutte, secondo me, la migliore è dei Nine Below Zero, nel disco Live al Marquee, ma anche questa non è niente male, più lenta, più’ varia, meno monolitica, con l’intervento di molti dei musicisti della band, ma soprattutto della sezione fiati che regala suoni, colori e allegria.

Volver Volver è un altro classicone. Una canzone che viene affidata all’interpretazione di Juliette Commagere che se la cava niente male. Certo i Los Lobos che ne hanno fatto un caposaldo della loro produzione “live” sono un’altra cosa, però anche questa versione non è niente male e l’entrata dalla Banda Juvenil è fantastica, tanto che è impossibile non provare a cantare la melodia.

Vigilante man è ancora di Woody Guthrie e viene qui resa in un versione dura, quasi oscura, una sorta di talkin’ blues, lento, scandito con la chitarra in primo piano. Questa volta il pubblico sottolinea alcuni dei passaggi più intensi mostrando tutto il proprio stupore di fronte a simile esibizione di bravura.

L’intero lavoro si chiude con Goodnight Irene, già presente nell’ultimo album di Eric Clapton, Old Sock, che qui assume le forme di un vecchio valzer, con la fisarmonica di Jimenez protagonista e le voci che in coro intonano la melodia. Bella e divertente.

È tutto.

Un album meraviglioso, il più bello del 2013, finora. Meriterebbe 5 stelle e la lode. Solo 4 e mezzo, ma perché non è doppio.

DA SCARICARE (se proprio non volete ascoltare tutto il disco):

Dark end of the Street

SE NON TI BASTA ASCOLTA ANCHE:

Ry Cooder – Show Time

Neville Brothers – Live at Tipitina’s

Little Feat – Waiting for Columbus

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