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Applausi per il Trovatore Semplice ma ben realizzato Leggi la recensione fotogallery

Il Trovatore è l'opera del Cigno di Busseto, scelta per onorare questa importante ricorrenza. L'allestimento in forma semiscenica, firmato da Luigi Barilone, è semplice ma ben realizzato; la proiezione di poche ma ben mirate immagini fisse che vanno a coprire interamente i fondali durante lo svolgimento delle scene principali, palesano immediatamente il contesto e chiariscono il significato della regia.

Nel corso di un pomeriggio domenicale dai cangianti colori settembrini, in un contesto allegro che vedeva, proprio di fronte all’ingresso del Teatro Donizetti, gli stand allestiti per il quinto compleanno di BergamoNews, anche il Bergamo Musica Festival "Gaetano Donizetti" ha inaugurato ufficialmente le celebrazioni per il bicentenario verdiano. Il Trovatore è l’opera del Cigno di Busseto, scelta per onorare questa importante ricorrenza. L’allestimento in forma semiscenica, firmato da Luigi Barilone, è semplice ma ben realizzato; la proiezione di poche ma ben mirate immagini fisse che vanno a coprire interamente i fondali durante lo svolgimento delle scene principali, palesano immediatamente il contesto e chiariscono il significato della regia. La vicenda è ambientata in una moderna metropoli nella quale si contrappongono due mondi completamente diversi. Da una parte i centri direzionali simbolo del potere economico e politico, abitati da chi vive nel terrore verso tutto ciò che è diverso, dall’altra quel mondo sommerso, quasi invisibile, vissuto sotto i ponti delle tangenziali e nei campi nomadi. Gli uomini di potere del Conte di Luna vestiti totalmente in nero, contrastano con i colori degli zingari che indossano abiti chiaramente riciclati e démodé. Una messa in scena quella di Barilone che, nonostante la trasposizione epocale, non ha fatto a pugni con il libretto di Cammarano e, in più di un momento, ha saputo contribuire ad accrescere la tensione drammatica presente nella musica di Verdi. Sul versante musicale note altrettanto positive.

Sugli scudi la curatissima direzione di Sebastiano Rolli (chiamato a sostituire il previsto direttore svizzero Andreas Ryter) in grado di trascinare i professori dell’Orchestra del Bergamo Musica Festival ad una prestazione di notevole livello. Rolli – che per la cronaca ha diretto senza spartito – ha ottenuto dall’orchestra sonorità quasi impalpabili nei momenti più delicati ma, ove necessario, ha saputo estrarre il fuoco presente in partitura senza mai risultare fracassone. La direzione é parsa altrettanto valida anche nel supportare le necessità dei cantanti. Angelo Villari nel ruolo di Manrico ha destato buona impressione per l’importanza del proprio strumento. Quella di Villari è una voce da lirico spinto, di colore piuttosto scuretto con acuti squillanti e potenti; oltre a queste indubbie doti vocali gli vanno ascritte una buona dose di generosità e una certa spigliatezza scenica. Tutti gli scogli della partitura sono stati superati più che discretamente con alcune cose davvero ottime, quali ad esempio le mezzevoci sulle note conclusive di "Ah! si ben mio" e le elettrizzanti frasi declamate prima di una Pira cantata in tono e chiusa da un bel Do che avremmo definito stupendo se solo avesse avuto la tranquillità e il coraggio per tenerlo un secondo di più. Ma l’esperienza lo aiuterà a maturare la necessaria personalità artistica e a migliorare quelle note di passaggio che a volte risultano ancora un po’ indietro. Roberta Pozzer nel ruolo di Leonora ha offerto una prova sufficiente senza entusiasmare; in alcuni momenti è risultata un po’ leggerina sui gravi e talvolta anche l’intonazione non ci è parsa impeccabile. Ma soprattutto l’abbiamo trovata debole sotto l’aspetto interpretativo, nonostante abbia cantato correttamente sia "Tacea la notte placida" che la successiva "D’amor sull’ali rosee" e relativa cabaletta "Tu vedrai che amore in terra". Anche il Conte di Luna di Arturo Pastor è risultato corretto e ben preparato, seppure ci sia parso un po’ avaro nell’uso dei colori e talvolta gli sia mancata un po’ l’ampiezza della cavata necessaria a rendere appieno la statura del personaggio. Cristina Melis nel ruolo di Azucena ha evidenziato grande sicurezza vocale ma soprattutto ci ha colpito per la notevole personalità artistica; doti che le hanno consentito di rendere una zingara credibilissima dall’inizio alla fine. Sicuro e sufficientemente solido il Ferrando di Choi Seung Pil. Buona la prova di Sonia Lubrini nel ruolo di Ines e corretti nei rispettivi ruoli sono risultati Marco Tomasoni (Ruiz),Francesco Laino ( vecchio zingaro), Emilio Aldi (un messo). Un plauso particolare all’ottima prova offerta dal Coro del Bergamo Musica Festival ottimamente preparato da Fabio Tartari. Al termine calorosi applausi per tutti gli artisti con ovazioni per Sebastiano Rolli e grande entusiasmo per Cristina Melis e Angelo Villari. Dopo la buona apertura di stagione con Ginevra di Scozia, la bella recita di Elisir (seppure fuori programma) tenutasi al Teatro Sociale e l’altrettanto positivo omaggio a Giuseppe Verdi evidenziato in questa recensione, il prossimo 20 e 22 settembre Gaetano Donizetti tornerà nel suo teatro grazie ad una nuova produzione di Maria de Rudenz; un’opera che non viene rappresentata a livello mondiale, con un allestimento completo, esattamente dal 1981, quando venne eseguita per l’ultima volta al Teatro La Fenice di Venezia; qualche sporadica rappresentazione è stata effettuata successivamente solo in forma di concerto.

Danilo Boaretto

Direttore del quotidiano online Operaclick.it

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