Sta facendo discutere, e non poco, lo studio dell‘Università di Rochester (dipartimento di analisi) pubblicato sul sito dell’Independent e dedicato alla relazione tra il cervello umano e l’esistenza di Dio. I risultati dello studio infatti dicono che gli atei sono più intelligenti di chi ha una qualche fede religiosa.
La ricerca della squadra del professor Miron Zuckerman, che si è avvalsa di tre psicologi che hanno condiviso la definizione di intelligenza ("intelligenza è la capacità di ragionare, pianificare, risolvere i problemi, pensare astrattamente, comprendere idee complesse, imparare in fretta, e imparare dall’esperienza") ha comparato più di 60 (63 per la precisione) studi sul tema verificando che ben 53 giungono alla medesima conclusione, e cioè che le persone religiose sono meno intelligenti dei non credenti.
Pubblicata sulla Personality and Social Psychology Review, lo studio del professor Zuckerman prende ad esame ricerche che si sono snodate nell’arco di 90 anni effettuate nelle università su migliaia e migliaia di "cavie". La più "antica" iniziò nel 1921 per proseguire per anni su 1.500 persone che da piccole avevano un quoziente intellettivo superiore a 135, bambini superdotati insomma: questi bambini, seguiti poi per decenni fino alla vecchiaia, avevano mostrato un più basso, molto più basso, livello di credenza religiosa.
Le analisi comparate, di cui appunto solo 10 su 63 dicono che il credente è più intelligente dell’ateo, hanno fatto desumere all’équipe dell’Università di Rochester la seguente equazione: è più probabile che i bambini più intelligenti si allontanino dalla religione.
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