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L'intervista

Saffioti a tutto campo “Torno a fare il medico Io indagato: una batosta”

Carlo Saffioti, 61 anni, racconta a Bergamonews i suoi 18 anni al Pirellone: 4 legislature con Roberto Formigoni, tra alti e bassi. Amareggiato per l'inchiesta sui fondi del Consiglio regionale e per la gogna dell'antipolitica, è tornato a fare lo psichiatra, ma non è detto che il suo sia un addio alla politica. Segretario provinciale del Pdl dal 2009 al 2012, guarda con favore la rinascita di Forza Italia.

Ha la voce pacata di sempre, i modi gentili e garbati, ma non nasconde la sua amarezza per come si è conclusa (per ora, non è detto sia definitivamente) la sua esperienza politica. Carlo Saffioti, 61 anni, diciotto anni fa decise di lasciare la professione di medico per impegnarsi prima in Forza Italia e poi nel Popolo delle Libertà. Ha attraversato quattro legislature in Regione Lombardia come consigliere, presidente di commissioni e vicepresidente del Consiglio: aveva deciso di lasciare l’impegno diretto quando è stato travolto dall’inchiesta sui fondi pubblici a partiti. È da qui che nasce la sua amarezza. Oggi, che è tornato a fare lo psichiatra – è direttore sanitario della fondazione Emilia Bosis -, racconta a Bergamonews i successi e le delusioni legati al Pirellone e alla gestione targata Roberto Formigoni.

 

Dopo 18 anni dedicati alla politica torna alla sua attività. Non ha paura di questo cambiamento? Non era più facile restare in politica?

“A 61 anni, affrontando un cambiamento di vita di questo tipo, qualche preoccupazione ce l’ho. Ho fatto un aggiornamento per la psicofarmacologia, sto riprendendo confidenza con la relazione con i pazienti, sto ritrovando quella voglia fiduciosa di aiutare i pazienti a migliorare la propria qualità di vita che poi è l’aspetto qualificante della professione medica.

Che cosa sta riscoprendo?

“Posso dirlo con franchezza: l’autenticità delle relazioni. Seppure in  una condizione dolorosa, a volte drammatica, i pazienti, gli ospiti delle comunità  sono persone vere: il rapporto con loro ti mette continuamente in discussione e la gratificazione che ti dà, per la grande e misteriosa umanità che c’è in esso, è grande e non paragonabile alle soddisfazioni che pure da la politica.

Che cosa ha lasciato in Regione e come giudica quell’esperienza?

Le prime due legislature, dal 1995 al 2000 e dal duemila al 2005,sono state quelle che hanno davvero trasformato la Regione . È in quegli anni che abbiamo tradotto in atti legislativi quello che chiamiamo sussidiarietà. Sono state due legislature davvero innovative che hanno reso la regione lombardia protagonista in Italia e istituzione valorizzante la società”.

Par di capire che c’è un prima e un dopo. Che cosa è cambiato dal 2005 in Regione?

“Devo ammettere che le ultime due legislature sono state faticose, la giunta aveva perso lo slancio innovativo a vantaggio della gestione, il consiglio era messo un po’ più da parte. Sono saltate fuori polemiche, Formigoni ha preso una deriva egemonica, sua e della sua area e a quel punto la Regione non è stata più un elemento stimolante della società”.

Con il senno di poi, era meglio lasciare prima la politica?

“Ora è facile dirlo. Ma prima si spense quello spirito innovativo e propositivo, poi subentrò  la crisi economica e infine unospirito antipolitico che non hanno certo aiutato. Non è stato facile  decidere di chiudere con l’impegno politico a tempo pieno. Almeno per ora""

Aveva percepito questa deriva politica, ne aveva parlato con il suo partito, con il suo gruppo?

“Sì, lo evidenziai subito dopo il 2005, già alla fine della seconda legislatura. Ne avevo parlato anche con Formigoni, ricordo che gli dissi: ‘Finiremo come i socialisti milanesi negli anni Ottanta, che pretesero di essere egemonici su tuttiTengo a precisare che eravamo un gruppo a rimarcare questa situazione, non ero il solo.

Perché non siete stati ascoltati?

“Credo di poter individuare la causa nel difetto che affliggeva e affligge l’Italia: la cortigianeria e l’opportunismo. Gli effetti nefasti del porcellum si sono poi riverberato a tutti i livelli, peggiorando la situazione interna dei partiti, con una classe dirigente sempre più interessata a arruffianarsi i vertici che essere vicino ai cittadini. Eccezioni a parte".

Formigoni imperava in Regione, Berlusconi guidava il Paese. Lei è più berlusconiano o formigoniano?

“Sono berlusconiano. Non sono  berlusconiano, nel senso "il capo ha sempre ragione". Certo non sono formigoniano e questo spiega perché non sono mai stato nominato assessore".

Perché è entrato in Forza Italia?

Sono entrato in Forza Italia arrivo a dire nonostante Berlusconi, attratto dal progetto del partito liberale di massa quale alternativa al partito comunista di Ochetto. Berlusconi  poi si è dimostrato un grande leaderun uomo straordinario,fuori dal comune. Ho imparato  ad apprezzarlo molto. Certo non ho mai fatto parte della sua corte. Non ho mai voluto diventare il vassallo di qualcuno. Men che mai avrei accettato di entrare nella corrente formigoniana, lontana dal mio modo di vedere le cose".

A un certo punto però la Regione Lombardia diventa il centro di alcune inchieste. Da dentro il palazzo come si guardava a tutto questo?

“Alcune inchieste hanno ferito soprattutto per l’attacco mediatico. Un po’ come per Berlusconi c’erano delle inchieste che sembravano essere a orologeria. Per quanto riguarda alcuni assessori di Formigoni credo che si possa dire che c’è stato un accanimento giudiziario. Ci sono stati anche arresti che hanno colpito e addolorato, altri invece non mi hanno stupito. L’impressione allora fu che con Formigoni, dopo aver colpito Berlusconi,  si volesse colpire la sua politica e il suo ruolo  che era diventato egemonico”

In una delle ultime inchieste che hanno colpito Regione Lombardia è apparso anche il suo nome. Se l’aspettava?

No, non me l’aspettavo. In quel periodo c’era unattenzione sul Lazio, sul caso di Franco Fiorito, l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio accusato di peculato, c’era un’inchiesta che interessava il Piemonte. Non mi aspettavo certo che il mio nome, insieme a quello di tutti i consiglieri regionali lombardi, finisse in un’inchiesta che concentrava la sua attenzione sui fondi destinati ai gruppi del consiglio regionale. È stato contestato l’uso dei fondi ai gruppi definito da una legge del 1972. Una legge che è sempre stata applicata nel modo da noi seguito e che adesso il magistrato ritiene andasse  interpretato in modo diverso”.

Che cosa stabilisce questa legge?

“La legge prevede che siano elargiti dei fondi ai  gruppi per le attività sul territorio, ossia per far conoscere ciò che si fa all’interno del consiglio regionaleE qui devo fare un appunto significativo: il consiglio regionale lombardo  era , ed e’, il più virtuoso in Italia,quello che meno costava ai cittadini e che aveva iniziato un rigoroso processo di diminuzione dei costi del consiglio e di taglio a ogni agevolazione.  nell’ultimo anno i fondi destinati ai gruppi politici per queste attività erano meno di un 150° dello 0,20% del bilancio regionale. È bene sottolineare che se un gruppo non usava i i fondi assegnati,questi non rientrano nel bilancio del consiglio, ma se li trovava a fine anno e se li portava  anche nella legislatura successiva: la ratio della legge era che i fondi andavano usati, non risparmiati, per attività". 

Di quali attività si tratta?

Un gruppo politico promuove convegni, incontri pubblici,dibattiti sui temi che affronta in consiglio regionale. Un’attività che ha i suoi costi per la promozione, gli opuscoli, i francobolli, la dotazione tecnologica, l’organizzazione di convegni, i rapporti con i cittadini. Certo, ci sono anche i rinfreschi a margine di questi convegni, oppure i pranzi e le cene per quando si incontrano sindacati, associazioni di categoria, ma anche singoli e gruppi di cittadini che chiedono notizie, hanno proposte da fare, rivendicazioni, richieste. Sono attività che si fanno sul territorio, perlopiù di sabato e domenica, la sera. Ora il magistrato dà una diversa interpretazione di questa legge, qualche abuso è saltato fuori ma questa inchiesta scredita tanti politici che hanno fatto il loro dovere alla luce del sole, che hanno pagato di tasca propria e che ora subiscono il danno e la beffa. Perché’ chi più ha fatto, e più ha  speso,, anche del suo, ora è maggiormente sotto i riflettori mediatrici".

La Regione paga tutto?

“No. Le spese devono essere documentate e ritenute coerenti con le attività del consigliere"

Quanto ha chiesto di rimborsi in questi anni?

“In più di 6 anni, forse più di 80mila euro, spesi per le molteplici attività promosse sul territorio. Nel solo 2011 più di 15 convegni da me promossi!". 

E ora a che punto è quest’indagine?

“La Procura della Repubblica di Milano ha  chiesto una proroga per le indagini. E a seguire anche la Corte".

Che cosa l’ha colpita di quest’inchiesta?

“Devo ammettere che mi ha lasciato e mi lascia tutt’ora un’amarezza profonda. E non riesco a farmela passare. Avevo deciso gia all’inizio della legislatura di chiudere l’esperienza in Regione: avevo l’orgoglio di poter rivendicare il mio impegno, il mio fare politica in modo serio, concreto, che aveva ottenuto anche per la mia provincia, dei risultati significativi . sono sempre stato tra la gente, ho avuto colloqui con tutti, non sono stato il cortigiano o il pecorone di nessuno. Io come tanti altri. E questo lo ribadisco. In periodo di antipolitica, mi sembrava importante dare, insieme a tanti colleghi, trasversalmente, un’immagine positiva dell’impegno in politica".

E invece?

“E invece mi  e ci hanno messo in un calderone, aizzato dallantipolitica. Mi chiedo: si può ridicolizzare una vita spesa per gli altri per l’acquisto, e faccio riferimento a un collega dalle cui posizioni sono molto lontano, di alcuni feltriniE poi credo che inseguendo gli scontrini, si perdano i veri sprechi e privilegi in parlamento, nazionale e europeo, nelle tante, troppe partecipate".

Non crede che la politica abbia perso in parte il proprio ruolo?

“La critica che faccio alla politica è di essere diventata succube della burocrazia, dei direttori generali che di fatto troppo spesso sono quelli che decidono le strade e le leggi da seguire. La  classe politica non ha la forza per imporsi, per propria incapacità e impreparazione è debole e troppo sopraffatta dal potere burocratico da una parte e dell’altra dal potere giudiziario. Infine, l’altra critica che faccio alla politica è  di non  aver valorizzato il merito, ma le fedeltà’ e le apparenze".

Come vive i primi mesi della sua professione, il medico, lontano dal ruolo istituzionale?

“Sono grato alla fondazione Bosis che mi ha dato questa opportunità e vivo benissimo questo nuovo modo prendersi cura degli altri. È un modo diverso di dedicarsi alla società. Mi sto ritrovando nel mio ruolo professionale. Mi ha colpito sapere che mia figlia è molto più orgogliosa di dire che faccio lo psichiatra rispetto a prima. Per non parlare della mia compagna, che mi vede ora essere tornato libero di disporre del mio tempo, durante le sere, sabato e domenica. Questa disistima per la politica mi dispiace, perché credo molto nella politica”. 

Non l’ha abbandonata?

“È stata e rimane una grande passione”.

È ancora iscritto al Pdl?

“Sì”.

Il Pdl deve di nuovo essere rifondato?

“Una nuova Forza Italia penso sia lo sbocco più naturale. Anche se sicuramente non deve essere solamente un cambio di nome, ma deve cambiare l’aspetto organizzativo e la dirigenza. Non dico generazionale, perché ho conosciuto persone mature con uno spirito giovane e giovani con una mentalità superata. Sarebbe necessaria una valorizzazione delle capacità.

C’è qualcosa che si rimprovera della sua esperienza politica come segretario del Pdl?

“Ho fatto il segretario dal 2009 al gennaio 2012 con una missione che era tenere unito il partito e cercare che ci fosse un’affermazione nelle amministrative, e quindi consolidare l’alleanza con la Lega. Credo che il partito abbia ottenuto ottimi risultati, penso alla vittoria di Bergamo, della Provincia di Treviglio, Dalmine e Seriate. Ho lasciato un partito che aveva tanti sindaci e tanti amministratori”.

È stata dura?

“Sì, mi ha pesato tantissimo. Tenere insieme un partito non è facileè un lavoro continuo di mediazione.

Gli ostacoli più difficili?

“Le nomine. Senza ombra di dubbio.  Ho cercato di nominare persone per la competenza che richiedeva il ruolo e non per l’appartenenza politica, ho cercato di garantire le diverse anime. Così mi sono fatto "nemici" in tutto il partito. Ma l’ho valorizzato".

Stando fuori dall’arena politica, che cosa nota come prima cosa?

“Mi rendo conto del baratro che c’è tra opinione pubblica e palazzo. Ricevo più simpatia ora che non sono più un uomo politico. La politica deve riformarsi. Più partecipazione. E meno rimborsi!"

Da medico e cittadino le è capitato di dire: questa cosa è possibile perché è stata una conquista della Regione?

Sono stato tra i protagonisti della legislazione sanitaria ,della legge 31di tutta la legislazione sulla psichiatria, del primo piano sanitario. Abbiamo fatto una buona legge e credo di aver dato un contributo importante. Se poi penso al nuovo ospedale e a molti ospedali bergamaschi che sono oggi il nostro fiore all’occhiello, penso di poter dire che mi sono speso per delle giuste cause”.

La politica viene sempre vista come un grande ring dove ci sono fazioni contrapposte. Non nascono mai delle amicizie trasversali?

“Nascono amicizie, anche con politici non appartenenti alla tua sfera politica. E alcune di queste sono sincere, durature. Poche, ma buone".

 

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