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Fatti e misfatti

Festa della Dea, nel bene e nel male sul palco c’è l’immagine di una città

Scenari grandiosi e unici in Italia da una parte e iniziative discutibili dall’altra: il nostro Luciano Passirani parla di Festa della Dea e di come, nel bene o nel male, su quel palco di finisce e ci rimane l’immagine di una città intera.

di Luciano Passirani

Ancora una volta Bergamo, la gente bergamasca, chi tifa Atalanta, la stessa società, tutti balziamo agli onori della cronaca, purtroppo per fatti che di sportivo hanno poco, ancor meno se parliamo di civiltà. Per la verità proprio niente.

Non serve ricordare che la giustizia sportiva è sempre immediata e celere nei confronti di certi episodi, più riflessiva nel giudicarne altri, così la Procura Federale non ha perso tempo per aprire un fascicolo sui fatti accaduti alla festa della Dea. L’Atalanta rischia qualcosa? E Migliaccio, trovatosi consapevole o meno a bordo di un blindato, quanto mai euforico per un ritorno a Bergamo fortemente voluto? Dalla parte del giocatore ci stanno le oltre 200 partite in serie A , con un solo cartellino rosso e neanche per espulsione diretta.

Su Stromberg, compagno di merende, anzi di carro armato, Palazzi può solo ricorrere al palazzo dell’Onu perché la Tv Svedese venga oscurata in Italia, quando il commentatore fosse l’ex-atalantino.

Al di là delle mie ironie non riesco a stare così tranquillo che l’episodio del carro armato scemi nell’assoluto dimenticatoio.

Roma, sponda giallo-rossa, che già, attraverso le radio e Tv locali, bolle di rigurgiti contro il Nord personificato dalle incaute dichiarazioni del Senatore Calderoli, non aspettava altro. Temo possa arrivare qualcosa, in particolare ricordando che le lame, come le violenze dei tifosi della città sacra, non sono mai reato godendo di una particolare immunità, del resto come le scorribande Juventine a Bergamo vengono di solito trattate come le vittime neroazzurre.

Verità per verità, detto questo, mi concedo una serena pausa anche su di noi: siamo alla terza estate calda, abbiamo pagato più di altri, poteva anche andare peggio, confido sempre che anche altri paghino, seppur in ritardo. Una lezione, una riflessione soprattutto per la società Atalanta, in particolare per il suo presidente.

Senza la certezza del rispetto delle regole, della educazione civile e sportiva da parte degli organizzatori, non ci devono essere collusioni fisiche con le feste dei tifosi, ancor meno iniziative congiunte ed incoraggiate con la concessione degli spazi. Troppo semplice tirarsi indietro dopo il misfatto, giocare a nascondino con un laconico “non sapevo”.

Da anni gli scenari della festa della Dea sono grandiosi e unici in Italia, intriganti per la massa di folla, di famiglie con bambini anche veramente piccoli, alcuni in fasce, a rischio udito per i decibel non certo da concerto in Santa Maria Maggiore. Questo per ricordare quanto sia difficile fare il genitore ed il tifoso. Vale anche per uno come “il Percassi”, ora Presidente, già imprenditore, manager e non solo, pure genitore, quando non nonno.

Allora non basta più dire “fate i bravi”, senza mai prendere veramente le distanze, perché su quel palco svanita l’ubriacatura dei Doni, delle mongolfiere, della mietitrebbiatrice di quei “cattivoni” dei giornali, per arrivare al carro armato, ci finisce e ci rimane l’immagine di una città intera. Non è più accettabile.

E non è sempre e soltanto una questione di marketing , perché per riportare le famiglie allo stadio servono non solo prezzi ritenuti da saldo, tralasciando i ricorsi per l’esclusività dell’uso dell’impianto, ma esempi educativi per i più giovani che non siano queste goliardate pur sempre discutibili.

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