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Occasioni

Capitale della Cultura Sfida tra 18 città italiane, un affare da 250 milioni

Non è detto che quelle più famose siano avvantaggiate. Insieme a Bergamo ci sarebbero altre 17 candidate. Grossi guadagni in vista: Salamanca, che ospitò l'evento nel 2002, investì circa 120 milioni di euro (meno di 40 dal Comune) e il rientro fu di circa 266 milioni

Il magazine di arte e architettura "Il Ghirlandaio" fa il punto sulla situazione delle candidature delle città italiane che si contendono il ruolo di Capitale della cultura europea 2019 e parla dei vantaggi, anche dal punto di vista economico, di questo evento:

 

Si apre la sfida per scegliere la città italiana che sarà Capitale della cultura europea nel 2019, e di conseguenza quella che si porterà a casa l’enorme indotto economico che contorna da oramai un ventennio l’evento. La sfida è aperta silenziosamente da mesi, anche se nessuna delle molte città che ci sperano ha ancora avanzato ufficialmente la propria candidatura. I termini però sono alle porte:entro il 20 settembre le città candidate dovranno presentare il proprio fascicolo al ministero dei Beni culturali e sperare nel parere positivo dei tecnici italiani ed europei. Il Ghirlandaio ha cercato di capire quali saranno le tappe di questa sfida e, soprattutto, quale sarà la posta in gioco in termini di turismo e di impatto economico. Chiariamolo subito, l’affare non sono i fondi dell’Unione europea (che non elargisce neanche un euro) ma l’indotto turistico che consente anche di raddoppiare i soldi investiti dagli enti locali.

LA SELEZIONE PER IL 2019

Il titolo di Capitale europea della cultura nasce nel 1985 e da molti anni vede alternarsi ogni anno una città diversa. Vista la richiesta altissima di partecipazione all’evento ultimamente le città sono due all’anno, provenienti da Paesi diversi. Per essere scelte le città presentano un progetto al governo nazionale che nomina dei tecnici che insieme a quelli dell’Ue selezionano i programmi che maggiormente corrispondono alle idee di integrazione culturale e tra i popoli che sono alla base della Capitale della cultura. A breve il ministro Bray dovrebbe nominare i commissari italiani. All’Italia tocca il 2019 e le città in pista sono moltissime, anche se nessuna ha presentato ancora al Mibac la candidatura ufficiale. Tra quelle che da tempo hanno avviato il lavoro per la selezione ci sono ad esempio Lecce, L’Aquila, Ravenna, Siena, Bergamo, Palermo, Venezia e l’accoppiata Perugia-Assisi. "Avviene quasi sempre che a candidarsi siano più istituzioni in squadra anche per dividere i costi di preparazione", ci ha spiegato Gianni Bonazzi, dirigente del Servizio primo del Segretariato generale del Mibac che si occupa della selezione.

"Le candidature più valide sono quelle che guardano al futuro e che sono connesse agli indirizzi Ue su industrie culturali e creatività". Entro settembre le città in corsa dovranno rispondere al bando e passare per la preselezione che individua la rosa dalla quale si sceglie il vincitore. Il nome italiano si saprà con ogni probabilità verso settembre 2014. Cercando su Internet si arriva a contare fino a 18 città italiane che sarebbero in lizza (compreseUrbino, Torino, Catanzaro, Brindisi e Mantova). Ma non è detto affatto che quelle più famose siano avvantaggiate nella selezione né, soprattutto, che alla fine saranno questi i nomi a partecipare effettivamente alla gara.

I COSTI E I GUADAGNI DELLE CAPITALI

L’investimento da parte delle amministrazioni locali è enorme. Milioni di euro per allestire mostre, eventi, progetti di comunicazione, ingaggiare artisti e architetti. Marsiglia ad esempio, Capitale della cultura 2013, ha costruito diverse strutture da zero (con l’aiuto anche dell’italiano Stefano Boeri) per ospitare percorsi artistici e conferenze. Nessuna città è in grado di sobbarcarsi i costi da sola e per questole istituzioni si uniscono (con Marsiglia c’è la Provenza ad esempio) e soprattutto richiedono l’intervento dei privati.

Per avere un’idea del ritorno d’immagine ed economico si può guardare al caso di Salamanca, che ospitò l’evento nel 2002. La città spagnola investì circa 120 milioni di euro (meno di 40 dal Comune) e il rientro, secondo un approfondito studio dello European Urban and Regional Studies pubblicato nel 2006, è stato di circa 266 milioni. Una cifra divisa tra biglietti venduti, spese generate da ogni turista, concerti, teatri e grandi conferenze. Insomma un affare in grado di rivitalizzare un’economa locale ma che ha bisogno di finanziamenti adeguati. Un bel problema per i Comuni italiani in perenne crisi di fondi che dovranno garantire con proposte molto concrete di poter reperire gli investimenti in tempo.

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