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L'intervista

Martina Caironi con BgNews “Corro per vincere la mia sfida col destino”

La campionessa bergamasca sarà la protagonista della nuova rubrica di BgNews "Super Abili": "Ho accettato questo percorso per poter raccontare del mondo paralimpico ad un pubblico vasto. Perché parlare della mia disabilità non è più un tabù".

Inizia con questa intervista la nuova rubrica che BgNews ha voluto dedicare alla disabilità. Con "Super Abili" – questo il titolo che abbiamo scelto – parleremo degli handicap senza tristezza, senza paura e senza timori, per dimostrare che la disabilità non è sempre sinonimo di impossibile o di irraggiungibile. Per farlo, abbiamo scelto una testimonial d’eccezione come Martina Caironi, medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Londra.

 

La corsa e le grandi imprese sulla pista per superare se stessa, per dimostrare di essere più forte anche dello scherzo più brutto che la vita ti può giocare. E’ così che Martina Caironi, sempre col sorriso sulle labbra, sempre con la sua risata contagiosa, ha saputo superare tutte le difficoltà che il destino gli ha presentato. La famiglia e gli amici come prima stampella, lo sport come strumento per ritrovare quella libertà che l’amputazione di una gamba può toglierti. E ora, con un titolo europeo, una vittoria mondiale e una medaglia d’oro in tasca, misurarsi con la sua disabilità non è più un tabù. Martina, infatti, oggi parla senza grossi problemi delle gioie e anche dei dolori, a partire da quel novembre del 2007, quando quieta e prudente stava tornando a casa in sella al suo motorino. In senso opposto, un conducente ha perso il controllo dell’auto, invadendo la sua corsia: l’impatto è stato violentissimo, Martina è finita a terra e nell’operazione chirurgica che ne è seguita ha lasciato parte della sua gamba sinistra, amputata all’altezza del femore. “Ho sofferto, e la sofferenza rende forti – racconta a Bergamonews la campionessa paralimpica -. Ho imparato ad apprezzare molte più cose della vita e ho potuto fare esperienze che mai mi sarei sognata di incontrare sulla mia strada”.

Perché ha scelto di affrontare questa nuova avventura con Bergamonews?

“Ho accettato questo percorso con voi per poter raccontare ad un pubblico più vasto quello che è il mondo paralimpico secondo la mia prospettiva, sperando di riuscire in questo modo a coinvolgere quante più persone possibili sia come atleti che come spettatori. Parlare di sport a volte fa venire voglia di sport. E lo sport è sano, fa crescere, maturare e porta a viaggiare, a conoscere gente nuova, di varie nazionalità e culture”.

E’ difficile parlare della sua disabilità?

“Raccontare della mia disabilità non è più un tabù e, anzi, credo nella potenza delle parole per poter ‘normalizzare’ la condizione del disabile”.

Martina Caironi era già una sportiva prima dell’incidente del 2007?

“Sono sempre stata una sportiva, amante di qualsiasi attività: dal pattinaggio al calcio, dall’atletica (che praticavo con la scuola) al nuoto. E amavo soprattutto la pallavolo. Ma la testa non era da agonista, per quando avessi la passione”.

Cosa significa per lei correre?

“Correre è per me una grande soddisfazione. Mi sento bene, mi sento capace e abile. Mi diverto e fatico, mi sento viva e posso stancarmi in modo sano, proprio come piace a me”.

La vittoria di Londra è stata la più bella?

“Sì, senza dubbio. E’ stata la vittoria più eclatante, più vera, più cercata e più desiderata. E, ovviamente, quella che mi ha regalato più felicità. Il sorriso di quella sera del 5 settembre 2012 mi è rimasto stampato sul viso per settimane”.

Che significato ha per lei quella medaglia d’oro?

“Quella medaglia ha rappresentato a me stessa il mio valore, per gli altri un successo, una speranza, un esempio, un motivo in più per ascoltare le mie parole e forse tanto altro. E’ stata la mia ennesima rivincita personale. Dopo l’incidente ho rosicchiato pian piano la vita e ogni soddisfazione che raggiungevo mi ridava quello che mi era stato ingiustamente tolto: quell’oro lo considero la mia ciliegina sulla torta”.

Cosa le è passato per la testa mentre ha corso quei 100 metri?

“Secondo voi davvero pensavo a qualcosa mentre correvo quella gara? No, impossibile. Immaginatevi di avere mille spilli in testa e in tutto il corpo e, al tempo stesso, di voler pensare a qualcosa. Poi ditemi se ci riuscite. Sono stati secondi bellissimi, indescrivibili, intensi. E le sensazioni provate in quei momenti sono veramente uniche. Ma uniche nel vero senso della parola. E’ stato tutto bellissimo”.

A chi ha dedicato quella vittoria?

“A tutte le persone che mi sono state vicine nei momenti più difficili e nel percorso che mi ha portato a Londra: famiglia, amici, allenatori e squadra, a tutti coloro che hanno sempre creduto in me. E poi mi sono ricordata di dedicarla un po’ anche a me stessa”.

Vuole lanciare un primo messaggio a chi, disabile come lei, ha paura a confrontarsi col mondo?

“A chi ancora oggi vive nella paura posso dire che la disabilità è un’arma che ci rende forti nei confronti della vita così dura, così forti che non si può pensare di non volerla vivere tutta. Uscite di casa, guardate in faccia chi vi guarda dall’alto al basso e dimostrate la vostra normalità, dimostrate dignità e coraggio. Le abilità sono così varie che non ci resta che scoprirle, giorno per giorno, passo per passo o spinta per spinta”.

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