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La lettera

“Carceri sovraffollate: dati indegni di un Paese civile”

Il consigliere di Bergamo Marco Brembilla propone una riflessione sulle carceri dopo la multa dell'Ue, il monito del presidente Napolitano e l'assemblea comunale straordinaria, spezzando una lancia a favore delle misure alternative.

Il consigliere di Bergamo Marco Brembilla propone una riflessione sulle carceri dopo la multa dell’Ue, il monito del presidente Napolitano e l’assemblea comunale straordinaria, spezzando una lancia a favore delle misure alternative.

Egr, Direttore,

dopo il Consiglio comunale straordinario di lunedì scorso e il monito del Presidente Napolitano, ritengo opportuno esporre alcune riflessioni sui temi del sovraffolamento delle carceri e delle misure alternative alla detenzione.

I numeri sono devastanti, direi disumanizzanti; recentemente la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia al pagamento di 100.000 euro per trattamento degradante verso sette detenuti delle nostre carceri: avevano a disposizione meno di tre metri quadrati a testa, un primato che l’Italia condivide con la Serbia.

Abbiamo, nella media, 148 detenuti per 100 posti contro i 99 della media europea. Il problema del sovraffollamento (al 31 dicembre 66.685 detenuti per una capienza di 46.795), non si risolve solo con la costruzione di nuove carceri. Purtroppo non è diventata legge la proposta di detenzione domiciliare alternativa alla reclusione per i reati di non particolare allarme sociale; inoltre i dati ci dicono che troppi sono i detenuti in attesa di sentenza.

Oltre al sovraffollamento c’è tutto il capitolo delle misure alternative al carcere scarsamente utilizzate in Italia rispetto alla media dei Paesi dell’Unione europea; eppure la recidiva per chi espia la pena in carcere è del 68%, che si riduce al 19% per chi usufruisce di misure alternative e addirittura arriva al’1% per coloro che sono inseriti nel circuito produttivo (oggi misura difficilmente attuabile con la crisi economica); quindi anche con costi enormi per la collettività.

Ho letto dati indegni per un Paese civile in termini di sovraffollamento e commenti tipo “non è obbligatorio andare in carcere, si può starne fuori” oppure che le carceri non sono alberghi. Viene così liquidato un problema che invece tocca la dignità delle persone, alle quali va data comunque la possibilità di riscatto e nessuno di noi pensa ad alberghi ma certamente a luoghi vivibili.

Sul tema sovraffollamento molti puntano il dito contro gli immigrati: la percentuale è alta, inutile nasconderlo. Poi bisognerebbe sviluppare tutti i ragionamenti che non si riescono mai a fare in modo compiuto sulla cooperazione e l’aiuto allo sviluppo, azioni che ridurrebbero le masse di disperati facili prede della delinquenza organizzata, sul crinale sottile tra legalità e illegalità quando non vi sono certezze ma vi sono bisogni, senza per questo scadere nel buonismo o nel lasciar correre, ci mancherebbe! Una delle proposte è la possibilità di far scontare la pena nei paesi d’origine, ma è un metodo tutto da studiare in termini di collaborazione e ricadute sociali perché se la famiglia è in Italia si rischia di accentuare il danno e moltiplicare il disagio.

Queste poche parole per dire quanto il problema sia complesso ma, proprio per questo richiede di non procrastinare oltre le possibili soluzioni, anche per il disagio del personale che deve gestire non un’emergenza, ma un’emergenza che si è fatta normalità. Come ha scritto in un recente articolo il magistrato Adriano Sansa: “la giustizia è accettabile se si muove nell’ambito delle leggi, in ogni sua fase. Il carcere, misura estrema, non può essere fuori dalla legge. Se lo è, fa perdere legittimità all’intero sistema penale, anzi allo statuto della cittadinanza e dei diritti”.

Dobbiamo tener alta l’attenzione verso quell’edificio che non è altro rispetto alla società, ma è un luogo di grandi fragilità che, pur con tutte le difficoltà che è inutile sottacere, non può essere né dimenticato né lasciato “solo” a chi vi opera, per attività lavorativa o di volontariato.

Qualcosa è stato fatto con la recente legge 9/2012, soprattutto per i casi di detenuti per periodi brevissimi; con maggior collaborazione tra le forze politiche si poteva fare di più. Certamente dovrà essere uno dei compiti urgenti del nuovo governo.

Qualcuno dirà che in questo momento sono altre le priorità, io credo che i diritti delle persone siano sempre una priorità, anche se hanno compiuto errori, altrimenti è l’intero impianto della convivenza civile che salta; ovviamente il cammino deve essere reciproco, ma diventa difficile se le situazioni di detenzione diventano lesive dei diritti stessi.

Marco Brembilla

Consigliere comunale Partito democratico

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