E’ un grido dall’allarme lanciato davanti a una platea insolita quello di Vittorio Calissi. Amministratore delegato di UniGasket, azienda multinazionale del distretto della gomma del Basso Sebino, ha raccontato la sua esperienza, la sua vita da imprenditore, le sue difficoltà nel fare impresa in Bergamasca di fronte a tre segretari dei sindacati e Stefano Fassina, responsabile nazionale economia del Pd. E’ successo giovedì sera a Dalmine, all’incontro organizzato dal Pd con Fassina, Maurizio Martina, Luigi Bresciani, segretario provinciale Cgil, Gigi Petteni, segretario regionale Cisl, e Marco Cicerone, segretario provinciale Uil. “I sindacati dicono che gli imprenditori non investono in tecnologia: noi abbiamo investito 12 milioni di euro. E non sono mai stato in grado di ottenere una lira dai bandi regionali o nazionali per vari motivi: mancava una marca da bollo, una firma non andava bene oppure i fondi erano finiti ancor prima che il bando fosse pubblicato. Noi notiamo che c’è una forte mancanza di manodopera specializzata, sulla mia scrivania da tempo non ho un curriculum vitae di un ventenne. A Sarnico c’era un’ottima scuola tecnica, ora è stata trasformata in ristorazione. Se non c’è la manifattura non andiamo da nessuna parte. Siamo un popolo di trasformatori, ci dobbiamo confrontare con la tecnologia. Noi facciamo innovazione, ma il costo della manodopera ci impone di spostarci ad Est. Come facciamo a mantenere a Bergamo le produzioni quando in Repubblica ceca ci sono 5 case automobilistiche oppure in Cina un operaio costa 120 dollari? Abbiamo bisogno di aiuto come imprenditori, come bergamaschi. Altrimenti tra dieci anni sarà il deserto dei capannoni. Che sia di destra o di sinistra, serve qualcuno che ci aiuti”.
Stefano Fassina traccia il programma del Pd sul tema lavoro, pilastro della politica del segretario Bersani. “La questione di fondo è costruire un’alleanza tra produttori per rimettere al centro l’economia reale. Non abbiamo condiviso tutte le misure prese dal governo Monti, ora abbiamo aperto una fase di transizione. E’ necessario correggere e rimettere al centro il lavoro e l’impresa. Va messo bene in chiaro che è una sola la ricetta di cambiamento: valorizzare la persona che lavora. Ha ragione l’imprenditore, abbiamo un deficit professionale, perché quella della Gelmini non è stata una riforma. Non c’è stato avanzamento della qualità formativa. Inoltre va corretta la rotta della linea economica dell’euro, nessun paese lo può fare in termini unilaterali. Per questo motivo è fondamentale per l’Italia avere un governo progressista, per immettere realismo”.
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