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Primarie pd

Il mea culpa di Gori Con qualche attacco a Renzi e al Pd

Giorgio Gori commenta il suo quarto posto alle primarie del Pd per il Parlamento. C'è un'ammissione delle proprie responsabilità, ma non manca di rimarcare "il silenzio del sindaco di Firenze" e le scelte del Partito Democratico: "rischiamo che se ne vadano parecchi elettori"

Giorgio Gori commenta il suo quarto posto alle primarie del Pd per il Parlamento. C’è un’ammissione delle proprie responsabilità, ma non manca di rimarcare "il silenzio del sindaco di Firenze" e le scelte del Partito Democratico: "rischiamo che se ne vadano parecchi elettori". Pubblichiamo il testo integrale dell’intervento di Giorgio Gori.

 

"Non mi è facilissimo commentare i risultati delle Primarie. In queste ore ricevo messaggi di ogni tipo: felicitazione, complimenti, consolazione, invito a non mollare. Il quarto posto in effetti non garantisce un posizionamento blindato nella lista per il Parlamento né in alcun modo preclude la possibilità di essere tra gli eletti. Dipende da come andrà il PD alle elezioni del 24 febbraio. Se andrà bene alla Camera; se vincerà sia alla Camera che al Senato (in questo caso in Lombardia). Da questo dipenderà il numero dei parlamentari bergamaschi (che furono tre nella passata legislatura, dopo la sconfitta del 2008). Niente è compromesso, dunque, anzi. Certo, non ho vinto. Ha vinto Elena Carnevali, più che meritatamente. Buono è stato il risultato di Giovanni Sanga e sorprendente quello di Giuseppe Guerini. Credo sia da citare anche quello di Carla Rocca, di poco dietro di me. Io ho raccolto 2.552 voti, su 10.447 votanti. Uno su quattro.

Difficile dire se siano tanti o pochi. Il punto fondamentale è che 10mila elettori sono meno di un quarto di quanti avevano votato alle primarie “nazionali” del 25 novembre. Tre su quattro non sono tornati ai seggi, sfiancati da questa continua chiamata, distratti dalle vacanze di Natale, delusi per il risultato di quella prima consultazione. Ed è chiaro che se la platea si restringe, il peso del partito, dell’organizzazione dei circoli, si fa decisivo. Già lo era stato nello scontro Renzi-Bersani, figuriamoci questa volta. La responsabilità è in gran parte mia, sia chiaro. Non sono stato capace, nonostante il generoso impegno dei volontari dei comitati, di richiamare ai seggi un sufficiente numero dei bergamaschi che avevano votato per Matteo Renzi, non sono stato abbastanza efficace nel far capire loro che questa era l’occasione per dare concretezza alla speranza di cambiamento che insieme avevamo coltivato. Molti di loro mi hanno manifestato delusione, nelle scorse settimane, verso un partito che sembra incapace di cambiare. Il fatto che abbiano scelto di non tornare a votare di certo non ha aiutato.

Con la sfida di Matteo il Pd era riuscito ad avvicinare a sé un’ampia fetta di elettorato “nuovo”, in tutta Italia e qui, che oggi – dopo quella sconfitta, complice anche il silenzio del sindaco di Firenze – ha in gran parte messo da parte l’idea di votare il nostro partito, che considera a questo punto “irriformabile”, e volge lo sguardo altrove. E’ un grave problema per il PD, a mio avviso, di cui i più non paiono avvertiti. Non se ne vanno solo Ichino e Adinolfi, rischiamo che se ne vadano parecchi elettori.

La “salita in politica” di Mario Monti – per quanto accompagnata da una compagine disomogenea e tutt’altro che “nuova” – rischia di riempire in queste ore lo spazio creato dalle idee di Renzi, a tutt’oggi non valorizzate dal vincitore delle primarie – più preoccupato di non crearsi problemi a sinistra – e forse non sufficientemente presidiate dallo stesso titolare. Questo è il problema politico: non mio, del Partito Democratico. Io sono contento dei miei 2.552 voti, dispiaciuto per non essere stato in grado di sfondare alcuni pregiudizi che purtroppo permangono, sul mio conto, tra una parte dei nostri elettori – fiducioso di riuscirci in futuro. Sono profondamente grato a tutte le persone, agli amici e ai volontari, che in questi giorni si sono spesi con incredibile generosità per promuovere la mia candidatura. Ragazzi, ce la siamo giocata alla grande; con coraggio, con la forza di chi non deve difendere nessuna posizione di potere, di chi crede nelle cose che dice e non ha paura di metterci la faccia. Niente apparati, niente ordini di scuderia: ce la siamo giocata a mani nude e quei 2.500 voti ce li siamo guadagnati uno per uno. Ripartiamo da qui. Lavoreremo dentro il Partito Democratico e per il successo del Partito Democratico.

L’Italia ha bisogno di una grande forza riformista, di massa, e questo traguardo è il nostro compito per i prossimi anni. Noi, proprio noi, possiamo essere decisivi. Grazie a tutti, di cuore. Grazie a Mirosa Servidati, che ha affrontato con lealtà e determinazione la sua partita. Grazie Miro, sei stata una buona compagna di squadra, adesso preseguiamo insieme. Grazie ai volontari, agli amici dei comitati, grazie a tutti coloro che – anche da lontano – hanno seguito con partecipazione ed affetto la mia piccola battaglia. E grazie a chi ha avuto fiducia in me, e mi ha dato il suo voto. Farò del mio meglio per essere all’altezza della vostra fiducia, a maggior ragione se riuscirò ad andare a Roma. Cercherò di fare bene e di rendervi fieri del mio operato. Grazie davvero.

Giorgio Gori

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