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La requisitoria

“Nel capitale sociale della ‘ndrangheta politici e istituzioni”

Il pubblico ministero Alessandra Dolci nella sua requisitoria nel processo scaturito dall'operazione "Crimine-infinito" sostiene che tra i rapporti più inquietanti che il sodalizio criminoso è riuscito ad instaurare anche il Lombardia c'è certamente quello stretto con alcuni appartenenti infedeli delle Forze dell'Ordine.

Il processo scaturito dall’operazione Crimine-Infinito, che nel luglio 2010 ha visto gli arresti di oltre 300 soggetti, 180 dei quali accusati di far parte della “federazione lombarda” della ‘ndrangheta, volge ormai alle battute conclusive con l’attesa requisitoria del Pubblico ministero Alessandra Dolci, che ha preso il via venerdì 26 ottobre nell’aula bunker di piazza Filangieri.

La Pubblica Accusa ha ricostruito le complesse indagini che, partite inizialmente in relazione ad attività di traffico di stupefacenti, hanno poi gettato luce sulla presenza e sull’organizzazione delle numerose ‘ndrine stanziate da decenni in Lombardia.

In particolare, il PM ha ripercorso, attraverso un sapiente incrocio tra intercettazioni telefoniche ed ambientali e servizi di pedinamento e controllo, l’imponente indagine esposta dagli oltre 200 operanti intervenuti nel corso del dibattimento, evidenziando la presenza e il controllo sul territorio da parte dei membri delle locali e il continuo tentativo, talvolta riuscito, di relazionarsi con gli appartenenti alle istituzioni.

La dottoressa Dolci ha sottolineato l’indiscutibile salto di qualità dell’indagine “Infinito” rispetto alle precedenti operazioni “Cerberus” e “Parco Sud”; mentre queste ultime avevano, infatti, evidenziato la presenza della cosiddetta “impresa mafiosa” in alcuni settori dell’economia, prevalentemente quelli del movimento terra e delle attività di compravendita immobiliare, “Infinito” ha consentito di disvelare la presenza di una struttura intermedia di tipo mandamentale, denominata “la Lombardia”, cui apparterrebbero alcuni tra gli esponenti di maggior spicco dell’organizzazione ‘ndranghetistica.

Uno tra questi era, secondo l’accusa, il boss Carmelo “Nunzio” Novella, ucciso il 15 luglio 2008 a San Vittore Olona, in provincia di Milano, nel bar in cui era solito trascorrere i suoi pomeriggi d’estate. Le innumerevoli intercettazioni raccolte dagli investigatori, successivamente confermate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nonché esecutore materiale dell’omicidio Antonino Belnome, hanno consentito di affermare che le motivazioni alla base dell’omicidio furono, con ogni probabilità, le idee autonomiste portate avanti da Novella, il quale da tempo consentiva l’apertura di nuovi locali e conferiva “doti” senza chiedere il benestare della madrepatria calabrese. Fu per questo motivo, quindi, che i capi anziani decretarono la sua eliminazione, come raccontato da alcuni esponenti in una conversazione telefonica intercettata: “la Provincia lo ha licenziato a lui…!”.

Il tema su cui più a lungo si è soffermata la trattazione del pubblico ministero, non senza alcuni riferimenti pungenti al pensiero difforme di alcuni illustri colleghi magistrati, è stato quello dell’unitarietà della ‘ndrangheta: “è una visione miope e poco lungimirante considerare la ‘ndrangheta come un insieme di organizzazioni parcellizzate che controllano una piccola fetta del territorio. Non è così, soprattutto nel Nord Italia; noi dobbiamo vedere l’organizzazione mafiosa come un’organizzazione che ha una forte coesione interna, ma che vive anche di una rete relazionale verso l’esterno, che è la sua ricchezza. Noi abbiamo mutuato il termine “capitale sociale” di un noto sociologo, il professor Sciarrone, perché solo cogliendo questo aspetto noi riusciamo a capire che cos’è la ‘ndrangheta”.

La requisitoria ha illustrato numerosi esempi di cosa sia e come operi il “capitale sociale” della ‘ndrangheta, che si manifesta nella capacità di procurarsi all’esterno la cooperazione di altri attori sociali e, in particolare, di instaurare rapporti di scambio nei circuiti politici e istituzionali.

Tra i rapporti più inquietanti che il sodalizio criminoso è riuscito ad instaurare anche il Lombardia è certamente quello stretto con alcuni appartenenti infedeli delle Forze dell’Ordine, argomento che ha costituito il fil rouge dell’ultima udienza. Tra le 19 posizioni prese in esame, il pubblico ministero ha trattato infatti una delle figure più emblematiche costituente parte del capitale sociale sopra accennato, ovvero l’ex Carabiniere in servizio presso il Nucleo Radiomobile di Rho Michele Berlingieri.

Davvero durissime sono state le parole con le quali il Pm ha rappresentato al Tribunale le accuse mosse nei confronti dell’ex militare il quale, secondo l’accusa, avrebbe dato copertura nell’occasione di alcuni episodi di furto, fornito agli affiliati informazioni sulle indagini in corso, ma, soprattutto, “coperto” uno dei presunti affiliati resosi autore di un omicidio.

“Mai nella mia carriera mi è capitato di imbattermi in una figura come quella di Berlingieri, pubblico ufficiale corrotto che ha posto in essere condotte gravissime sia dal punto di vista disciplinare che penale”. Il riferimento è quello al comportamento tenuto da Berlingieri, filmato casualmente dalla videocamera presente nel bar, in occasione di un omicidio: “La perla finale di Berlingieri, mi si consenta, è il comportamento tenuto in occasione di un omicidio ascrivibile al figlio di Bandiera Gaetano, il quale è stato recentemente arrestato quale componente della locale di Rho. Omicidio di un albanese ad opera di Bandiera Christian, ripreso dalle telecamere presenti nel bar. Si vede Berlingieri che raccoglie da terra i bossoli e se li mette in tasca, dopodiché passa la pistola ad un avventore che la porta fuori […] si siede al tavolo con Bandiera Gaetano e la moglie, parlottano, i due lo ringraziano, gli danno la mano e lui se ne va”.

Aggiunge il PM, “questo significa essere a libro paga, a disposizione per ogni evenienza, anche in una vicenda così grave qual è quella di un omicidio, al punto da mettersi i corpi di reato, i bossoli, in tasca. E meno male che c’era quella telecamera”.

Se la vicenda dell’ex carabiniere Michele Berlingieri dimostra, ancora una volta, la pericolosa capacità della ‘ndrangheta di godere di relazioni privilegiate con appartenenti alle Forze dell’Ordine, l’indagine Crimine-Infinito ha consentito di portare alla luce altri episodi di connubio tra militari e affiliati. Analizzando, infatti, la posizione del presunto affiliato Cicala Pasquale, l’accusa ha ricordato come quest’ultimo avrebbe assunto il ruolo di trait d’union tra l’associazione criminale ed i tutori dell’ordine pubblico, in particolare fornendo agli altri affiliati informazioni relative alle indagini in corso. Secondo l’accusa, Cicala si sarebbe “reso latore di notizie afferenti iniziative giudiziarie che avrebbero potuto mettere in pericolo l’organizzazione”. Emblematica in tal senso è la conversazione intercettata tra due affiliati, uno dei quali comunica all’altro di aver saputo da Cicala stesso dell’imminente emanazione di due mandati di cattura: “mi ha detto [Cicala, ndr]: Enzo guarda che ci sono due mandati di cattura, firmati già da due giudici, manca solo il terzo e siccome io conosco l’autista di un magistrato, stanno aspettando che lo firmi… e partono! viene da la sotto, con l’accordo di qua di Milano, Legnano ed è sempre il solito discorso, di ‘ndrangheta e di omicidi che ci sono stati”.

La prossima “puntata” della requisitoria del PM consentirà di avere altri spaccati dei diversi settori del tessuto economico e sociale lombardo che la ‘ndrangheta avrebbe contaminato, in particolare quelli della sanità e dell’imprenditoria. Le posizioni analizzate nel prosieguo della requisitoria saranno, infatti, quelle dell’ex direttore dell’Asl di Pavia Carlo Antonio Chiriaco e dell’imprenditore brianzolo Ivano Perego.

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