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L'intervista

Oggi apre BergamoScienza L’astronauta Cristoforetti “Spazio alle donne”

Oggi, venerdì 5 ottobre alle 17 al Teatro Sociale si apre "BergamoScienza". Oltre duecento eventi fino al 12 ottobre. Per l'occasione Bergamonews ha incontrato e intervistato a Colonia, in Germania, Samantha Cristoforetti, la ragazza della porta accanto con 500 ore di volo su 6 diversi jet da combattimento pronta ad indossare, per il suo Bel Paese, la settima tuta italiana d’astronauta.

Oggi, venerdì 5 ottobre alle 17 al Teatro Sociale si apre "BergamoScienza". Sono oltre duecento gli eventi che compongono il calendario del festival della scienza fino al 12 ottobre.

Per l’occasione Bergamonews ha incontrato e intervistato a Colonia, in Germania, Samantha Cristoforetti, la ragazza della porta accanto con 500 ore di volo su 6 diversi jet da combattimento pronta ad indossare, per il suo Bel Paese, la settima tuta italiana d’astronauta. 

 

di Antonella Previtali

Precisa e puntigliosa. La incontriamo a Colonia, all’Agenzia Spaziale Europea, dove ferma subito il fotografo dal ritrarla finché non le avranno portato la mostrina della bandiera d’Italia. Meticolosa come dev’essere un’astronauta, a maggior ragione se sarà ingegnere di bordo e dovrà conoscere tutto della capsula Soyuz per essere pronta in caso di necessità, avaria ai sistemi automatici di guida, a riportarla a terra, manualmente. Samantha Cristoforetti, capitano Pilota dell’Aeronautica Militare, partirà il 30 novembre 2014 dal Cosmodromo di Baikonur (Kazakistan), a bordo del razzo russo, diretta alla Stazione Spaziale Internazionale, quella che sarà la sua casa per 6 mesi e i cui coinquilini ancora non sono stati nominati. Arriva la bandiera. Si inizia, ma senza sbilanciarsi troppo.

Fare l’astronauta. Com’è iniziata la sua avventura?

So che non dipende da Armstrong e dal suo camminare sulla Luna. Non ero ancora nata. Forse a farmi davvero sognare lo spazio sono stati i miei insegnanti con i loro accenni alla cosmologia e alla geografia astronomica, un po’ di fantascienza e qualche lettura d’avventura. Salgari e Verne hanno contribuito.

Che astronauta è Samantha Cristoforetti?

Una “principiante” con tanta buona volontà.

Seppur da principiante, che suggerimento darebbe, per sbagliare il meno possibile, ad un ragazzo che volesse intraprendere questa strada.

Dimenticatelo. Steve Mcleen, leggendario astronauta canadese, ha risposto così ad un mio collega quando, ormai 20 anni fa, gli chiese cosa dovesse fare per andare nello Spazio. La risposta fu “dimenticatelo. E’ una possibilità talmente remota che non puoi impostare la tua vita su questo desiderio. Però, sappi, tutti gli astronauti che conosco sono felici, quindi fai quello che ti piace, impegnati, e qualora si presentasse l’occasione, al momento giusto la saprai cogliere.” Certo non è facile, ma l’importante è tenere acceso il desiderio mentre si percorre la propria strada. Suggerimenti? Direi che è vincente una preparazione in campo tecnico-scientifico, utile avere esperienze di volo, imprescindibile possedere un’esperienza internazionale e una formazione multiculturale.

Si diverte?

Tantissimo perché ogni attività è uno stimolo a migliorarsi e finché riesco a mantenere il passo con quello che mi viene richiesto, ogni momento è soddisfazione e gratificazione. Mi diverto nell’interagire con molte persone che possiedono competenze diverse confrontandomi con loro e sfidando me stessa.

C’è qualcosa che vive come un sacrificio?

In questo momento di preparazione al volo il fatto di essere quasi sempre lontana da casa. E dove si sente a casa? Casa è dove sono io. (Ride. Forse sa di mentire anche a sé… n.d.r). Direi in Europa dove ho la maggior parte dei miei legami.

Ha paura?

Più che paura direi apprensione nel dover stare attenti al mantenersi in salute, nel non farsi male e nel guardare i lanci degli altri, immaginando quella che sarà la propria missione.

La sua apprensione al momento del lancio me la farò descrivere quando tornerà sulla Terra. Valigia sempre in mano tra Colonia, Houston e Star City. Qual è la sua giornata tipo da astronauta in addestramento.

Non c’è. Tante giornate si passano in viaggio, alcune si trascorrono a fare teoria o seduti a guardare presentazioni, altre al simulatore e altre ancora in piscina con lo scafandro a fare attività extraveicolare. Nella maggior parte dei giorni si passa da un tema all’altro e come cambiano gli istruttori altrettanto velocemente noi allievi-astronauti dobbiamo cambiare registro.

Sentiamo sempre parlare dell’impegno fisico, ma di addestramento psicologico ne fate?

Sebbene il primo test di selezione sia psicologico, non c’è un addestramento vero e proprio. Io mi ripeto sempre (sarà per rassicurarsi? n.d.r) che la cosa importante è essere normali. E’ l’aspetto mentale il motivo per cui preferiscono in genere persone mature tendenzialmente più equilibrate, in pace con se stesse e in buona relazione con gli altri, a giovani ventenni più prestanti fisicamente, più flessibili mentalmente, ma, di norma, meno affidabili. Il vero allenamento psicologico è il team building. Sono appena tornata da 10 giorni in Alaska dove siamo stati, futuro personale di bordo e di terra, tra cui il direttore di volo, 8 giorni in tenda e kayak. La squadra, spesso si sottovaluta, è composta dagli astronauti a bordo che, in genere, vanno d’accordo perché la comunicazione immediata è facile, e coloro che, a terra, gestiscono il veicolo e la programmazione delle attività e con cui è più difficile interagire perché non c’è l’istantaneità del faccia a faccia e le comunicazioni sono solo pubbliche.

Allenarsi agli inconvenienti è quanto spetta all’ingegnere di bordo. Ci si deve allenare al rischio?

Certo. Il rischio è qualcosa che non si può eliminare, ma che dev’essere gestito. La preparazione e l’addestramento sono volti a ridurre al minimo il rischio legato al fattore umano trasformandolo in una risorsa. Per esempio, nella missione il lancio e il rientro sono automatici, ma ci si addestra per quello che non dovrebbe accadere, il rischio di un’avaria. L’attività extraveicolare, che per me è un grande sogno, in realtà è un addestramento che svolgiamo per gestire eventuali inconvenienti, impedendo che diventino rischi ingestibili.

“Andar sulla Luna, a che serve. Gli uomini avranno sempre gli stessi problemi sulla Terra come sulla Luna; saranno sempre malati e cattivi, sulla Terra come sulla Luna”. Ma, anche, “perché spendere tanti soldi per andare nello spazio quando ogni anno, sulla terra, ci sono milioni di persone che muoiono di fame”? La prima è una frase di Oriana Fallaci, la seconda la domanda che una suora ha rivolto nel 1970 all’allora direttore scientifico della Nasa, Ernst Stuhlinger. Lei cosa ne pensa?

Che rischiamo di essere una società basata troppo sul consumismo. Siamo consumatori prima che essere umani, prima che cittadini, a volte abbiamo l’impressione che ci sia sufficiente comprare qualcosa per essere soddisfatti. In realtà, lo sappiamo e dobbiamo solo ripetercelo più spesso, abbiamo bisogno d’ispirazione, di grandi imprese di cui sentirci partecipi, di cui essere orgogliosi, che ci facciano sentire una vera comunità di persone. Ecco, penso che lo Spazio aiuti in questa direzione, penso che sia un catalizzatore di forze positive in grado di mettere in moto un atteggiamento umano positivo, propositivo, di miglioramento per la società. Cosa diciamo ai nostri figli se non troviamo questa ispirazione? Quali obiettivi ideali possiamo trasmettere loro?

Neil Armstrong ha detto “come si può trasformare in avventura un normalissimo fatto di tecnologia”. Per lei, andare nello spazio, sarà avventura o solo scoperta tecnologica? E’ l’avventura che leggevo nei libri da piccola. Capisco anche il punto di vista di Armstrong per il quale probabilmente il tutto non è stato altro che una continuità del suo lavoro, da test pilot a astronauta. Per lui può essere stata una normale giornata di lavoro ma per tante altre persone, per il mondo, quella era una missione universale. Come sarà l’umanità tra cento anni, guardando al cielo. Saremo stati su Marte? Saremo ritornati sulla Luna? Anche perché cercare di creare basi umane fuori dalla Terra è una priorità non più differibile. Insomma, se al nostro pianeta succedesse qualcosa, l’umanità perirebbe con esso. Mettere un piede stabile sulla Luna e poi su Marte – se teoricamente potesse essere reso abitabile – vuol dire stipulare un’assicurazione sulla vita per la razza umana. Cosa ne pensa, Samantha?

Senza voler dare un orizzonte temporale l’umanità che immagino in un futuro lontano vivrà come una civiltà multiplanetaria con lo Spazio come superficie vitale in cui viaggiare, muoversi, di cui sfruttare le risorse, in cui potercisi trasferire. Il senso dell’esplorazione è ampliare lo Spazio di movimento dell’umanità e, in effetti, l’orbita bassa ha iniziato ad essere destinazione di turismo spaziale, seppur ancora con difficoltà e alti costi.

Pensa o spera che esistano altre forme di vita nell’Universo? Curiosity ce lo dimostrerà?

Magari sì, chi lo sa. Conosciamo ancora talmente poco sull’origine della vita che una risposta sarebbe solo un azzardo. Sarà interessante anche vedere cosa troveremo su Marte. Adesso, insomma, è quasi una questione di fede.

Lei crede alla vita extraterrestre?

Ripeto, affermazioni in un senso o nell’altro non sono fondate. Io preferisco aspettare e lasciarmi stupire da quello che scopriremo.

Se potesse venire sulla Stazione Spaziale una persona non astronauta, come semplice spettatore, chi vorrebbe?

Uno “storyteller”, un narratore. Qualcuno che sappia raccontare la storia in maniera realistica e accattivante, che riesca a rivelare il fascino dell’avventura che lo Spazio ci permette di vivere senza scadere nella fantascienza cinematografica che abitua le persone a tempi, ritmi e livelli di azione che non sono reali.

BergamoScienza ha usato come slogan una frase di Pasteur “Meravigliarsi di tutto è il primo passo della ragione verso la scoperta”. Dove sta la meraviglia in quello che fa?

Sta nel ricordarsi che c’è. Noi astronauti siamo, come diceva Armostrong, così abituati a trasformare tutto ad un insieme di operazioni e di tecnologia, riducendo ogni cosa per quanto eccezionale alla quotidianità che la meraviglia ci scivola via. Dobbiamo afferrarla e ricordarcene.

 

E’ così, Samantha Cristoforetti, trentacinquenne, occhi scuri, capelli corti “semplicemente perché mi stanno meglio”, perle alle orecchie, comode scarpe da trekking ai piedi e sorriso felice. In addestramento per un soggiorno sulla Stazione Spaziale Internazionale e in attesa che lo Spazio diventi accessibile a tutti. Lo speriamo anche noi.

Nata a Milano nel 1977, ma cresciuta in provincia di Trento. Si è diplomata all’Accademia aeronautica di Pozzuoli dopo aver frequentato l’Università Tecnica di Monaco di Baviera, aver compiuto periodi di studio alla Scuola Nazionale di Aeronautica e dello Spazio di Tolosa e all’Università Mendeleev di Mosca. Si è specializzata presso la Scuola di Volo per piloti militari di Wichita Falls in Texas. Parla fluentemente cinque lingue e, così, per passione, sta studiando la sesta, il cinese. La possiamo seguire su: Twitter con @AstroSamantha, Ficklr con AstroSamantha, Goggle+ in Samantha Cristoforetti e nel blog dell’ESA, http://blogs.esa.int/astronauts/

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