E’ infuriata la base leghista nel giorno dell’avvio del primo congresso che dovrebbe sancire la svolta del movimento lumbard. E’ infuriata perché potrà parlare sì, ma solo a tarda notte.
Venerdì sera in quel di Bergamo, al Creberg teatro infatti, il congresso della Lega lombarda prevede sì la possibilità di intervento e di espressione dei delegati, ma solo dopo i discorsi del segretario uscente Giancarlo Giorgetti, poi del presidente nazionale Roberto Castelli, del commissario dei giovani padani Eugenio Zoffili, del vice presidente della Regione Lombardia Andrea Gibelli e del presidente regionale del gruppo della Lega Stefano Galli.
Dal momento che l’adunata inizia attorno alle 20, è prevedibile che i militanti potranno prendere la parola solo dopo le 22: "Parleremo a nessuno, nessuno ci ascolterà" commentano assai critici aggiungendo che in fondo "nulla è cambiato, chi guida la Lega non impara mai".
La speranza è che sabato mattina si riapra il microfono alla base, ma il programma non lo prevede.
Infatti dalle 9,30 sono segnati gli interventi dei triumviri Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Manuela Dal Lago.
Poi scena tutta per Umberto Bossi, secondo liturgia leghista ben consolidata. Solo in chiusura gli interventi dei due candidati alla successione di Giorgetti, l’eurodeputato Matteo Salvini e il senatore e sindaco di Lazzate Cesarino Monti. Ed è questa l’unica novità: che alla segreteria non ci sia solo, come è sempre stato, un candidato da eleggere per acclamazione, ma che ci sia un confronto "democratico": di fronte si trovano il giovane rampante da sempre maroniano e il navigato militante della Lega degli esordi.
Alle 13 di sabato si aprono le urne per i 554 delegati scelti dalle 613 sezioni della Lega in Lombardia. Tutti selezionati su base provinciale e che oltre al nuovo segretario «nazionale» della Lega Lombarda, dovranno scegliere anche i rappresentanti della Lombardia al congresso federale di fine giugno che dovrebbe segnare il passaggio di consegne tra Bossi e Maroni.
Chi vincerà a Bergamo? «Salvini, ma non così facilmente come in tanti pensano», assicura un colonnello leghista nei corridoi di via Bellerio. Anche se per lui a pesare già alla vigilia ci sono le trecento firme di delegati con in testa Maroni, Giorgetti e Giacomo Stucchi. Il deputato bergamasco che sembrava dover essere l’uomo di Maroni per la segreteria e a cui invece è stato preferito Salvini. Per Stucchi in cambio un posto da vice di Maroni a fine giugno alla segreteria federale.
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