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Tragedia di brindisi

“Ora il nostro compito è di indignarci, ribellarsi”

La paura. Il rumore. Il fumo. Gente che grida, gente che piange, gente che non crede ai propri occhi. Uno specchio che ridona un’immagine spaventosamente simile a quella delle tante stragi degli anni di fuoco dell’Italia, quelli del Terrorismo.

Di Francesca Di Massimo

Liceo scientifico Lussana 4R

La paura. Il rumore. Il fumo. Gente che grida, gente che piange, gente che non crede ai propri occhi. Uno specchio che ridona un’immagine spaventosamente simile a quella delle tante stragi degli anni di fuoco dell’Italia, quelli del Terrorismo. Immagine che nessuno avrebbe mai più voluto vedere. Si dice che ricordare la storia serva a non ripetere errori già commessi, a imparare dal passato, ad affrontare la vita con maggiore saggezza. Dov’è la saggezza, nel momento in cui una bomba scoppia davanti ad una scuola? Dov’è la saggezza, quando si prendono di mira dei sedicenni? Dov’è la saggezza, quando si colpisce per uccidere? Mesagne, 7,42: lo scoppio. Il caos. Lo smarrimento. Un sabato mattina qualunque, trasformatosi in qualcosa di tragico. Qualcosa che nessuno mai dimenticherà. Studenti che forse non avranno più il coraggio di entrare in quella scuola, studenti che non si sentiranno più al sicuro. Mai era stata colpita una scuola, mai nella storia dell’Italia repubblicana, nemmeno negli anni peggiori. Non si è trattato di un errore, l’azione voleva avere i risultati che effettivamente ha ottenuto. Sarebbe bastato un quarto d’ora, forse anche meno, e di fronte all’istituto “Francesca Laura Morbillo Falcone” non ci sarebbe stato ancora nessuno; la deflagrazione non avrebbe fatto vittime. L’efferatezza era calcolata. Forse non è poi una così bella prigione, il mondo. Chiedersi perché è stata l’ovvia reazione di tutti, una volta appurato che non si trattasse di un incubo troppo realistico. Le ipotesi sono fiorite incontrollate, come sempre accade in situazioni simili, non solo da parte degli inquirenti, ma anche di tutti coloro che, in fondo, gli elementi necessari per giudicare ancora non li hanno; idee che si diffondono come se fossero evidenza. Attentato di stampo mafioso, passionale, azione sconsiderata di un folle. Chi è convinto di una teoria, chi dell’altra, chi dell’altra ancora. Confusione, che dilaga e scompiglia ogni certezza. Sensazione di impotenza, di incapacità di aprire gli occhi e realizzare che nulla è davvero successo. Frustrazione. La scuola è un luogo protetto. Sapere che svegliarsi la mattina significa andare a scuola non dovrebbe mettere paura. La scuola dovrebbe essere un luogo talmente familiare, da diventare quasi una seconda casa. E nessuno deve essere terrorizzato, in casa propria. L’indagine che porterà a scoprire chi si sia macchiato di un sangue tanto innocente sarà condotta da chi di dovere. Il nostro compito ora è quello di indignarci, di ribellarci, di alzare le nostre voci di protesta e urlare che No, non accetteremo una cosa simile. Nemmeno se si trattasse di un folle. Nemmeno se fosse il gesto di qualcuno che non è veramente conscio delle proprie azioni. Niente giustifica un’azione del genere. Se non possiamo sentirci al sicuro nemmeno tra le pareti di un luogo tanto conosciuto, allora il mondo sta davvero degenerando. Il fatto che la follia umana possa arrivare a tanto è sconfortante. Fa paura. Forse fino a quando non si è coinvolti da vicino non ci si rende davvero conto di quanto male l’uomo possa avere dentro. Conoscere la storia, avere ogni notizia possibile sulle stragi del passato, in fondo, non è sufficiente. Non è sufficiente il ricordo, se massacri del genere possono ancora avere luogo. Siamo tanto fieri della nostra incessante evoluzione tecnologica e scientifica, ma non abbiamo ancora imparato ad essere buoni. Martin Luther King un giorno disse: “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli”. La situazione non è ancora cambiata. Vivere nel ventunesimo secolo non vuol dire necessariamente essere progrediti, sapienti, intelligenti. Di intelligenza se ne vede troppo poca. Di intelligenza non ce n’è neanche un po’, in quello che è successo. Possiamo essere tutti colti, ma se non abbiamo rispetto e amore nei confronti di noi stessi e degli altri non siamo nessuno. Nessuno ha il diritto di impedire agli altri di sognare. 

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