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Il ricordo

“I complotti dei Galizzi? Calderoli ci fece sorridere”

Antonio Galizzi ricorda il padre, ultimo sindaco Dc di Bergamo, morto sabato mattina. "Quando Calderoli parlò del troppo potere concentrato nelle mani di mio padre e dei due fratelli ci venne da sorridere: si incontravano solo a Natale e Pasqua".

Fu l’ultimo sindaco democristiano di Bergamo e anche il primo a doversi confrontare, in Consiglio comunale, con i consiglieri leghisti. E fu proprio durante il mandato di Gian Pietro Galizzi, morto sabato a 81 anni, che la Lega Lombarda allora rappresentata a livello locale da Roberto Calderoli, prese un po’ di mira i ruoli pubblici ricoperti non solo dal sindaco, ma anche dai suoi fratelli Adriano (era sostituto procuratore e poi sarebbe diventato procuratore) e Paolo, giudice sempre a Bergamo.

Oggi è il figlio di Gian Pietro, Antonio, a ricordare il padre, due giorni dopo la scomparsa, e a parlare proprio di quella circostanza, a spiegarla con gli occhi privati, del familiare. "Le parole di Calderoli lasciavano immaginare chissà quale cordata di famiglia. Tre fratelli seduti ad un tavolo per decidere delle sorti di Bergamo, come in un complotto. E’ un’immagine sulla quale io, le mie sorelle e mio fratello abbiamo sorriso per un bel po’. Non tanto perchè ci interessasse la politica di allora o chissà per quale motivo: semplicemente perchè mio padre incontrava i suoi fratelli, con noi, a Natale e Pasqua e in poche altre occasioni".

Non è un racconto che arriva con spirito polemico, quello di Antonio Galizzi. Solo un curioso aneddoto su una vicenda che sollevò un po’ di polemica a Bergamo, con uno strascico forse anche anni dopo: nel 2002 l’allora Ministro della Giustizia Roberto Castelli si oppose alla nomina di Adriano Galizzi a procuratore, venendo poi corretto dalla Consulta che diede il via libera.

"Mio padre in casa non parlava molto delle vicende politiche che viveva – prosegue il racconto -. Spesso sembrava volerci tenere al riparo dalla sua vita pubblica e si metteva a nostra disposizione con le sue competenze di docente di lettere anche molto tardi, magari quando tornava da una Giunta comunale. Ci dimostrava quanto avesse, amato, prima della politica, il suo lavoro: pochi ricordano che fu autore di molte antologie di letteratura per le scuole medie, fino agli anni ’80. Poi ad un certo punto si mise in aspettativa dall’insegnamento, non concepiva la politica nei ritagli di tempo".

Si ritirò dalla scena dopo aver fatto il sindaco per cinque anni, passando con una maggioranza difficile attraverso gli anni di Tangentopoli, che investivano anche Bergamo. "Ho saputo dopo, tramite i miei contatti, i miei conoscenti, che mio padre aveva dimostrato comunque una grande apertura verso tutti e che alla fine dei suoi cinque anni alcuni oppositori, come Verdi e Pds, fecero una riflessione sulla possibilità di candidarlo come loro sindaco. Per quell’episodio e non solo per quello credo sia stato un sindaco capace di dialogare, capace di farsi apprezzare".

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