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L'approfondimento

Locatelli-Nicoli Cristiani Una strana tangente

Il politico bresciano non aveva ruoli esecutivi e nessuna competenza sull'autorizzazione per la discarica di amianto. Nella stessa situazione il dirigente dell'Arpa. Nicoli ha millantato o manca un pezzo di questa storia.

Ha detto Pierluca Locatelli di fronte al gip di Brescia che a Franco Nicoli Cristiani avrebbe dovuto versare altri 100 mila euro, seconda tranche di una mazzetta da 200 mila per ottenere l’autorizzazione integrata ambientale a gestire la discarica di amianto di Cappella Cantone, in provincia di Cremona. Anzi, l’imprenditore ha ammesso che per quell’autorizzazione era disposto a pagare anche molto di più. Secondo gli inquirenti la discarica avrebbe significato nuovo ossigeno, in termini di soldi, per il gruppo di Grumello del Monte, in cerca di crediti dalle banche. Ma in questa storia di corruzione politica e imprenditoriale, non tutto torna. Nicoli Cristiani è stato ed è uno degli uomini di spicco della politica bresciana e lombarda, già assessore al Commercio e all’Ambiente nelle Giunte Formigoni. Ma dal 2010 non ricopriva più ruoli esecutivi: non era più assessore, ma vicepresidente del consiglio, poco più che consigliere. Nessun potere di intimare ad un qualsiasi dirigente dell’assessorato al Territorio, competente sulla partita, di firmare una qualsivoglia autorizzazione, tantomeno un’autorizzazione integrata ambientale, tra le procedure più avanzate e delicate per dare il via ad un impianto di smaltimento di amianto. Locatelli è arrivato a Nicoli tramite Giuseppe Rotondaro, colorito dirigente dell’Arpa Lombardia, che si è intascato 10 mila euro. Ma anche su questo personaggio non tutto torna: anche Rotondaro non aveva il potere di apporre firme decisive per l’autorizzazione, al limite solo un minimo di capacità di influenza sulla singola perizia dell’Arpa da inserire nell’Aia.

Le ipotesi non sono molte.

Forse manca un pezzo di questa storia, sulla quale è arrivata la piena ammissione di Locatelli? Forse c’era qualcun altro, oltre Nicoli, che deteneva il vero potere di manovra, tramando peraltro anche alle spalle dell’assessore bergamasco Daniele Belotti, che di questa giunta si è cuccatto le deleghe pesantissime ai Rifiuti e al Territorio (“materia da trattare con le pinze lunghe che si usano in acciaieria, perchè i pezzi scottano” ha detto ieri il presidente della Provincia Ettore Pirovano).

Oppure, più semplicemente, il politico bresciano è stato un abile millantatore di fronte a Locatelli per tramite di Rotondaro. L’autorizzazione è arrivata dall’assessorato al Territorio e Nicoli, solo a posteriori, ha incassato le sue big bubble, ovvero le banconote da 500 euro l’una. Ha promesso qualcosa su una pratica che non era sua e poi ha incassato a risultato avvenuto, senza meriti. Ma anche su questa seconda ipotesi qualcosa non torna. Un imprenditore scafato come Locatelli poteva non sapere che Nicoli in una partita così non c’entrava nulla? Due ipotesi, ciascuna con punti oscuri, per una tangente sulla quale non tutto torna.

 

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