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Barbara palombelli

“Gli anonimi del web: rissosi, pessimi, scontati”. Dite la vostra

Barbara Palombelli sul Foglio non risparmia bacchettate e critiche alla "libertà" anonima del web proprio mentre si torna a parlare di bavaglio.

Barbara Palombelli sul Foglio non risparmia bacchettate e critiche alla "libertà" anonima del web proprio mentre si torna a parlare di bavaglio.

Leggo: grande manifestazione di piazza per la libertà nel Web. Penso: sarà pure arrivato il momento di fare un bilancio di come questa straordinaria opportunità – potersi esprimere senza limiti di tempo e di spazio – sia stata utilizzata. Suggerisco alcune riflessioni. Fra il 1995 e il 1996 alcuni pionieri iniziarono a collegare i nostri pc di casa e ufficio con la Rete.
Mi precipitai, spinta dal mio primogenito, in cerca di avventure americane. Nella primavera del 1996 aprii il primo indirizzo di posta elettronica di Repubblica (grazie alla rubrica che mi fu affidata da Ezio Mauro). I primi mail arrivavano dagli uffici del ministero degli Esteri sparsi per il mondo: un italiano arrestato in Thailandia fu il corrispondente numero uno.
Quindici anni dopo, i giornali sono on line. La televisione e la radio volano sulle frequenze degli smartphone, le comunicazioni autentiche sono alla portata di tutti. I giornalisti in prima persona ci sono molto meno: ogni tanto sbircio i blog di amici e colleghi, poi spengo per non intristirmi. Lamentele e scambi di insulti sono la norma, ovviamente coperti di nickname tanto fasulli quanto illusori (la polizia postale arriva ovunque e già ora ci si può querelare tranquillamente come nella carta stampata).
Chi va su Facebook, ottimo veicolo di foto, di zingarate e di rimorchi anche postumi (ti ritrovi i primi fidanzati e magari li rivedi) non trova molto di meglio. Grandi fiammate contro il Potere, comode effusioni e scambi di video su YouTube. Certo, Facebook in Italia non doveva fare la rivoluzione. Non la farà. Liberi e senza idee, gli oscuri compilatori dei flash che affliggono come questuanti, certamente manifesteranno per continuare a esistere. E’ politicamente scorretto dirlo ma lettrici e lettori senza volto sono per lo più pessimi, scontati, al limite della rissa condominiale.
Qui si parla degli anonimi, certamente. Le persone che intervengono con nome e cognome usano da anni tutti i mezzi possibili per dialogare: alle lettere di carta sono seguite le opinioni – preziose – nei blog più interessanti, un contributo positivo per svegliare chi scrive e trasmettere lo spirito del tempo. Battaglie per i diritti, trasmissione di notizie, campagne per la libertà dei dissidenti, interventi per mobilitazioni a fini sociali: questa è stata la storia migliore del nostro recente passato.
Vanno tuttavia elencati anche gli orrori e le occasioni perdute, se davvero si vuole che i conti tornino. Il ricordo peggiore del quindicennio libero e gratuito – sono certa che l’avete rimosso per carità cristiana – fu quella sequela di lettere anonime che passava sotto la testata, "Il barbiere della sera", versione scritta delle voci raccolte in redazione davanti alla macchina del caffè.
Quelli che si erano lamentati per decenni dello spazio ridotto e della censura imperante finirono a bisbigliare della promozione di Tizio, dell’amante di Caio. Il vero giornale del Web, a parte il parco nazionale delle informazioni che è stato ed è Dagospia (unico vero successo nato da una costola di una rubrica settimanale, Spia, che Roberto D’Agostino teneva alla fine dei Novanta sull’Espresso, chiusa per una scortesia all’Avvocato Agnelli che probabilmente non l’ha mai neppure saputo) deve ancora nascere.
Ci vorranno tante libertà, certo. Ci vorrà la pubblicità, la benzina dell’editoria. Ma non guasterebbero anche alcune idee, delle buone letture, dei suggerimenti culturali, qualcosa che non sia solo una carezza rassicurante per il pigro e lamentoso popolo del condominio più grande e noioso d’Italia.

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