L’agenzia Moody’s ha ridotto il rating a lungo termine su UBI Banca, portandolo da "A1" ad "A2", lasciando invariato il rating a breve termine a Prime-1. Gli analisti hanno anche ridotto il Bank Financial Strength Rating (BFSR) a "C-" da "C". Le prospettive sul deposit rating restano "Negative", mentre quelle sul BFSR sono diventate "Stabili".
Il crollo di Ubi come delle altre banche italiane è legato a una serie di motivi.
Le Banche sono valutate in borsa per quello che rendono, cioè per il dividendo che staccano. I dividendi distribuiti in primavera, rapportati ai presenti prezzi, sono il 6% circa per Ubi, il 2,6% per il Banco Popolare, il 3,30 % per Unicredit ed il 7% per Intesa.
Sono buoni tassi ma certo non da corsa agli acquisti.
Se i titoli ripigliassero una minima parte delle perdite accumulate negli ultimi mesi i dividendi sarebbero poco interessanti.
Ma, almeno per l’Italia e per le Banche più orientate al mercato domestico, se non verranno approvate subito misure economiche strutturali per favorire ripresa della crescita e credibilità internazionale, il tempo non volge al bello.
Pesa sull’entità dei dividendi che il mercato si aspetta di incassare, la sorte di quella valanga di crediti di dubbio incasso, detti deteriorati in quanto scaduti e non pagati da oltre 180 giorni, che le Banche hanno accumulato negli ultimi 3 anni e che, salvo due eccezioni (Unicredit e Banca Intesa), continuano ad accumulare con ritmo sostenuto.
La tabella che proponiamo dà uno spaccato dei crediti in contenzioso delle prime 5 Banche, paragonato all’utile netto conseguito dalle medesime banche nell’uguale periodo
30/6/2011 31/12/2010 30/06/2010 Utile 2010
UNICREDIT 38.206 38.264 34.880 1323
INTESA 21.285 21.071 20.822 2705
MPS 12.853 11.381 11.290 985
BANCO POPOLARE 9.972 9.354 9.222 308
UBI 5.801 5.261 4.807 172
Balza all’occhio che le Banche maggiori, Unicredit ed Intesa, soffrono meno delle altre tre; il resto del sistema bancario è allineato ai dati di Banco Popolare e Ubi.
Nell’attuale situazione i depositi dei clienti diminuiscono e le Banche li devono reintegrare con obbligazioni emesse sui mercati internazionali, dove oggi le Banche Italiane pagano un premio di rischio più alto rispetto alle altre banche europee; cioè denaro poco e più caro.
Il circolo è vizioso perché le restrizioni creditizie portano sempre a maggiori sofferenze, cioè perdite sui crediti erogati alla clientela, con conseguente diminuzioni degli utili e del dividendo.
In carico alle Banche ci sono molti titoli di Stato Italiani su cui pende la medesima incertezza che pervade la crescita economica dell’Italia; qualche banca ha molti titoli di stato con scadenze oltre 5 anni, cioè quelle il cui prezzo, in virtù del cosiddetto effetto leva, sono molto reattive a piccole fluttuazioni di tasso.
Il valore di questi titoli a medio lunga scadenza potrebbe riservare sorprese negative per le banche che, avendoli in carico a prezzi ben più alti degli attuali, non hanno interesse a venderli in quanto le perdite inciderebbero non poco, ma molto, sui risultati di bilancio e quindi sull’utile e quindi sui dividendi. Oggi i nostri BTP sono sotto forte pressione, come la borsa…con tutte le correlate conseguenze. LO spread sul bund tedesco viaggia verso 330 bp.
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