Forse c’è la mano dell’ennesimo mitomane dietro la lettera anonima recapitata ieri, 8 agosto, a L’Eco di Bergamo. Un testo scritto con un normografo, con molte sgrammaticature, arrivato a Bergamo dal centro di smistamento postale di Genova, quindi probabilmente uno scritto (come spiegano le Poste) imbucato dalla provincia di Alessandria o dal territorio ligure. L’anonimo scrittore, che si autodefinisce l’assassino di Yara, si definisce implicitamente anche un pedofilo "perchè con gli adulti mi imbarazzo", perchè le donne non "me" vogliono e sono andato al centro sportivo per cercare qualche ragazzina. Il sedicente assassino, che decide di scrivere al giornale, spiega anche di avere precedenti penali e di non voler andare alla caserma di Ponte San Pietro. Scrive di aver conosciuto una ragazzina con quel nome, Yara, a fine settembre, che gli sorrideva quando lui chiedeva se aveva il "ragazzo fisso". Poi la lettera anonima passa al 26 novembre: "Gli (non le, ndr) offrivo un passaggio a casa verso le 18,50. Le dissi che dovevo passare dal posto di lavoro a Mapello. Verso le 19 arrivammo a Mapello, in macchina le squillò il cell. La convinsi a spegnerlo, lei aveva già capito le mie intenzioni. Una volta fermata la macchina si spaventò e tentò di scappare, prima mi colpì ai testicoli e il suo cell mi cadde addosso. Lo presi e lo disattivai. Lei intanto era appena scappata fuori de macchina. Avevo perso la testa per il fatto che poteva rovinare il mio corpo. La inseguì nel campo dietro cantiere avevo un coltello poi presi una pietra e senza rendermi conto la colpii alla testa. Pensavo che era meglio chiamare il 118 e poi scappare ma preso dal panico la caricai in macchina e (..) portai il corpo in un campo più sicuro di Mapello".Queste le parole dell’anonimo che si definisce assassino, che accenna ai suoi precedenti penali e dice di aver lavorato a Mapello. Nessun elemento nuovo, particolare, inedito, fornito dalla lettera. La missiva è stata comunque sequestrata e spedita al Ris di Parma per tutte le analisi del caso.
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