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Bersani (pd)

“Il primo atto se fossi premier? La lotta al precariato” fotogallery

Il segretario nazionale alla Festa Democratica a Seriate afferma che non si ripeter?? l'esperienza de L'Unione, ma ?? pronto ad alleanze.

Condanna le contestazioni violente del popolo No Tav, è pronto a collaborare con il presidente del Senato, Renato Schifani, per realizzare la riforma della legge elettorale anche se, in tema di alleanze, afferma che non si rifarà più l’Unione. Poi attende la Lega al varco sul voto di fiducia alla manovra finanziaria e se fosse premier come primo atto si occuperebbe del lavoro precario.
Pierluigi Bersani conosce gli scogli, ha ben in mente la meta ed è capace di sentire il vento del cambiamento che si è alzato dopo gli ultimi appuntamenti elettorali e referendari. Il segretario nazionale del Pd, intervenuto domenica 3 luglio alla Festa Democratica a Seriate e intervistato da Rosella del Castello direttrice di Bergamonews non si risparmia su nessun argomento.
E nella domenica dei disordini in Val di Susa contro la Tav, Bersani afferma: “Sono fatti allarmanti e assolutamente inaccettabili. Non si tratta più di come si fa una ferrovia, ma di come funziona una democrazia. È legittimo protestare contro una scelta che non si approva, non è legittimo impedire, tanto più con la violenza, di realizzare un’opera pubblica. Se i No Tav pensano di intimidirci sbagliano. Bisogna avere parole chiare contro la violenza, su queste cose non si scherza”.
Poi il discorso di sposta sulla politica e le riforme. Bersani non crede che ci sia “un’esigenza di partecipazione sulla riforma della legge elettorale” anche se si sente pronto a collaborare con il presidente del Senato, Renato Schifani (Pdl), per “stendere una legge che dimezzi il numero dei deputati e che riveda il meccanismo di elezioni”.
Il segretario nazionale del Pd non manca di sottolineare che “il meccanismo di consenso, del plebiscito ad ogni costo, è stato creato da Berlusconi. E quando avvengono dei casi straordinari, penso ai terremoti, all’emergenza rifiuti o allo sbarco di immigrati allora serve il miracolo. È finito il tempo del “ghe pensi mi”, del risolvo tutto io. Occorre un’idea diversa di governare. Noi siamo l’unico partito che si fa ancora chiamare partito”.
In tema di alleanze, Bersani non ha dubbi. “C’è un popolo vasto che chiede al centrosinistra di non rifare l’Unione ma di fare una roba seria, dove le forze di centrosinistra dicano seriamente, non in 300 pagine ma in dieci riforme, cosa vogliono fare per l’Italia – evidenzia il segretario del Pd –. Credo che queste forze debbano rivolgersi anche alle forze di centro e moderate che vogliono guardare oltre Berlusconi perché dopo 15 anni si tratta non solo di superare questo governo ma di uscire da una malattia”. Per Di Pietro e l’Italia del Valori che si stanno spostando al centro, Bersani riserva una battuta: “la trovo un’increspatura di superficie, io invece sto ai dati di fondo”. Osservando il proprio partito ammette con autocritica che “dove abbiamo perso è perché abbiamo sbagliato al nostro interno, abbiamo sbagliato noi” riferendosi alle liti interne. E alla domanda se c’è un problema di etica dentro il partito? Torna al timone e difende il Pd: “Siamo un partito pulito, abbiamo un bilancio certificato come le grandi aziende e su certe questioni abbiamo la pelle sensibile – ammette –. Siamo severi, fin troppo perché abbiamo escluso dal partito persino che aveva un avviso di garanzia. Chi di noi ha sbagliato è stato espulso. Credo invece che il problema sia nel Paese dove è dilagante la corruzione”.
In tema di sfide la più allettante sembra quella con la Lega: “Voglio proprio vedere come fanno a votare questa manovra finanziaria” lancia il guanto Bersani. “Tra tanti tagli ai Comuni virtuosi, spicca però un contributo di 45 milioni di euro per il Comune di Palermo. Partono da qui con la spada sguainata, ma poi arrivano a Roma che tutto il fervore si ammoscia. Non siamo d’accordo con questa politica economica non perché siamo opposizione ma perché siamo italiani. Stiamo pagando tre anni di menzogne – continua Bersani – non sono state fatte riforme e la crescita è l’ultima in Europa. Non c’è bisogno di agenzie di rating, anche un bambino si chiederà come fanno questi a pagare un debito così alto se hanno la crescita più bassa d’Europa”. Commentando poi i tagli prospettati dal documento in lavorazione al consiglio dei ministri, Bersani aggiunge: “Adesso sono uscite le pensioni, a breve verrà fuori la sanità con sette miliardi di tagli, poi verranno fuori enti locali e regioni con nove miliardi di tagli e infine le tasse con 10 miliardi in più. È un massacro. È una manovra che non mette una virgola sul tema della crescita. Mette tutto in carico al sociale, buttando la polvere sotto il tappeto. Il consiglio dei ministri decide addosso al governo che verrà nel 2013”. E se Bersani fosse premier che cosa farebbe come prima cosa? “Metterei mano al lavoro precario – risponde –. Mio padre era un artigiano, un meccanico, ma si sarebbe vergognato a morte di non pagare un apprendista. Noi abbiamo giovani laureati che fanno i tirocinanti e che non vengono pagati. Metterei fine a questa ingiustizia, un’ora di lavoro precario non deve costare di meno di un’ora di lavoro stabile”.
 

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