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Il mito

Atalanta, n?? Dea n?? ninfa, ma una splendida principessa

Matteo Bonfanti, direttore di Bergamo&Sport, racconta la storia di Atalanta, affascinante ragazza greca con la passione della corsa e della caccia

di Matteo Bonfanti*

Per i ragazzi della Nord è una Dea, per i giornalisti del quotidiano della Curia solo una ninfa. Per chi, più di due millenni fa ne ha raccontato le mirabili gesta, Atalanta è una splendida principessa, con la passione della corsa e della caccia. Con i nerazzurri in campo nel posticipo, ci concediamo il lusso di dimenticarci per una volta le polemiche legate alla formazione che manderà in campo Colantuono lunedì sera a Modena. Oggi vi raccontiamo una favola, un po’ perché l’abbiamo appena scoperta, leggendo a due bambini di tre e cinque anni un prezioso libro di Gianni Rodari, un po’ perché i tifosi sono sognatori.
Se non lo fossero, lo stadio di Bergamo sarebbe vuoto. E invece è sempre pieno, anche all’inizio di dicembre, quando piove, fa freddo e magari tira anche un po’ di aria gelida. Eccovi quindi la storia di Atalanta, l’affascinante ragazza greca che ha dato il nome alla nostra squadra del cuore. Lo facciamo, partendo dalla fine, quando dopo tante avventure, Atalanta trova finalmente l’amore della vita, Melanione, un uomo che la fa innamorare usando le armi dell’intelligenza. Ci piace iniziare da qui perché Melanione, appena l’abbiamo conosciuto, ci ha ricordato immediatamente il presidente Percassi: un principe ricco e famoso che della biondissima Atalanta s’invaghisce parecchio tempo prima di portarla all’altare. La conosce, la ama alla follia. Ma dopo poco se ne allontana. Sa che quella ragazza non è ancora pronta per diventare una regina. Prima della felicità, la giovane e scatenata biondina deve attraversare il mare dei suoi anni difficili (leggasi le ultime retrocessioni in serie B).
Nella versione di Rodari, la vicenda si conclude con l’happy end: Atalanta e Melanione si scornano un po’ e dopo una memorabile gara di corsa decidono di convolare a nozze. Diventano inseparabili, portando un’incredibile prosperità nel loro regno, la regione dell’Arcadia, che a guardar bene sulla cartina della Grecia ha più o meno la forma della Bergamasca. Inutile dire che il paragone con il mondo del pallone è presto fatto, con i due sposi, la squadra e il suo presidente, uniti nel pensiero stupendo della qualificazione in Europa.
Ma torniamo ad Atalanta, quella greca. Nasce ed iniziano i guai. Il padre, re Jaso, desidera un figlio maschio. Così, vedendo che è una femmina, decide di abbandonarla in fasce sulla montagna più alta. Ma la nostra eroina ha una tempra non comune e poi è nata sotto un’ottima stella, quella di Diana, dea della caccia. La divinità la osserva da lontano, regalandole aiuti inaspettati. Come l’orsa che allatta e alleva Atalanta, insegnandole a vivere in un bosco zeppo di insidie (cosa più della serie A dei potentati calcistici?).
La protagonista del nostro racconto diventa grande. E’ una ragazza bellissima. Ha occhi celesti, lunghi capelli biondi ed oltre a essere una guerriera formidabile, ha una straordinaria abilità nella corsa. Che dire? Che questa favola la società nerazzurra ce l’ha impressa nel dna dei suoi tifosi che amano più di ogni altra cosa i giocatori che lottano e che corrono, lasciando anche l’ultima goccia di sudore sul campo. Vedere per credere i grandi amori della Nord: i due Zenoni, Rustico, Bellini, Doni, gente che non si risparmia mai, che dà tutto alla causa bergamasca.
Raccontarvi tutta la vita di Atalanta non è possibile per motivi di spazio. Gianni Rodari ci ha scritto un libro intero, decidessimo di copiarlo su Bergamo & Sport, ne verrebbero fuori almeno una ventina di pagine. E’ davvero troppo, non ha senso e poi c’è da considerare la faccenda del copyright, materia su cui noi giornalisti scivoliamo sempre parecchio.
Vi lasciamo però con l’ultimo piccolo parallelo tra il mito della principessa greca e le vicende della società calcistica bergamasca. A un certo punto Atalanta incontra sulla sua strada un uomo dall’impressionante forza fisica e dall’immenso coraggio. I due diventano amici e compiono insieme imprese che restano sia nella memoria greca che in quella romana. A noi Ivan Ruggeri, ora in un letto d’ospedale, piace ricordarlo così, come Ercole, quando una manciata d’anni fa si buttava senza paura contro il palazzo. Dentro c’era Idra, il mostro dalle nove teste. La prima quella di Galliani, l’ultima quella di Moggi.

*direttore ruspante di Bergamo&Sport, articolo tratto da bergamoesport.it

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