"Non so se sono vere le ultime cose che ho letto sui giornali. Certo che in quattro mesi di bufale voi della stampa ne avete sparate tante": a parlare, con un marcato accento veneto, è Roberto Benozzo, l’imprenditore padovano che ha lavorato alla pavimentazione del nuovo centro commerciale di Mapello e che la sera del 26 novembre, mentre Yara veniva rapita e probabilmente uccisa nel giro di poche ore, si trovava proprio in quel cantiere insieme a Mohamed Fikri, suo dipendente (arrestato il 4 dicembre e rilasciato in un paio di giorni). "Ho la coscienza a posto e anche per Mohamed è così – dice Benozzo per telefono, in questo lunedì mattina di lavoro -. La sera del 26 novembre eravamo in cantiere a lavorare, non a dormire. C’era la pavimentazione posata in quei giorni sulla quale bisognava fare alcuni interventi in modo continuato, per quello eravamo lì. In cantiere c’era un certo movimento".
Benozzo torna a parlare in seguito all’indiscrezione di Panorama, secondo cui tra le frasi pronunciate da Fikri per telefono nei giorni successivi la scomparsa di Yara c’era anche questa: "L’hanno uccisa di fronte al cancello". Un’intercettazione che sarebbe agli atti ma che la magistratura avrebbe valutato "poco influente" perchè inserita in un contesto (che non conosciamo) poco utile a quella fase delle indagini. "Mah, mi sembra strano che una cosa del genere venga fuori dopo quattro mesi – prosegue Benozzo -. Ci hanno controllato in ogni modo e non è mai successo niente. Qualcosa significa. Pensi che adesso si sta parlando di prelievi del Dna. Ma io il mio Dna ai carabinieri l’avevo già lasciato a dicembre, in modo consapevole e con un tampone di saliva".
Insomma secondo il datore di lavoro Mohamed Fikri, in marocco da circa tre mesi, "può rientrare tranquillo in Italia. Tornerà in Veneto tra una decina di giorni e riprenderà a lavorare per me".
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