"Non smentisco che c’è, ma il Dna non è per forza decisivo": il pubblico ministero Letizia Ruggeri, in una breve intervista a Bergamonews, torna sulle dichiarazioni che ha rilasciato oggi (11 marzo) ad alcuni giornalisti fuori dalla Procura della Repubblica in merito all’omicidio di Yara Gambirasio. "Sulle tracce di Dna non posso dire molto. Non posso negare che esista, ma bisogna andarci cauti. Non per forza è un elemento dirimente di questo caso". Parole che suonano come una doccia fredda sul clamore suscitato dal ritrovamento di due tracce di Dna.
Tracce che si trovavano sui guanti che la ragazzina aveva con sè quando è uscita di casa e aveva in una tasca del giubbotto quando è stata ritrovata cadavere. Guanti che, negli ultimi giorni di vita di Yara, potrebbero aver avuto un contatto con tante altre persone ben conosciute dalla giovane ginnasta, probabilmente persone non sospettabili di essere l’assassino. L’alternativa è che il Dna su quei guanti appartenga a persone assolutamente sconosciute agli inquirenti.
Indagini non facili, che dipendono in buona parte dai continui aggiornamenti sugli esiti dell’autopsia che l’anatomopatologa Cristina Cattaneo fornisce al pubblico ministero: "Non c’è una vera e propria relazione preliminare – dichaira il pubblico ministero -. Ci sono continui aggiornamenti da parte della dottoressa, dai quali per ora non è stato possibile comprendere la vera causa del decesso".
Quanto alle piste di cui si è tornato a parlare negli ultimi giorni, ad esempio quella rituale, o più in particolare satanica. "Non c’è da sottovalutare nulla – aggiunge il sostituto procuratore -. Non possiamo davvero escludere alcuna ipotesi".
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