Forte preoccupazione riguarda anche i giornalisti: nelle ultime 24 ore sono state decine i reporter, i corrispondenti e i cameraman sequestrati, picchiati dai manifestanti pro-Mubarak, portati via dalla polizia. Nelle ultime ore è stata aggredita una troupe di Sky ed è stata devastata la sede di Al Jazeera. Continuano gli scontri di piazza, che negli ultimi giorni hanno visto come principale campo di battaglia piazza Tahrir. I due fronti politici sono divisi da polizia ed esercito, che secondo molti corrispondenti, mostrano atteggiamenti diversi: polizia più dura verso i contestatori, esercito – in parte ancora di leva – schierato a dividere le parti ed evitare violenze.
Due milione di persone protestano in piazza al Cairo, un altro milione ad Alessandri, nel “giorno della partenza”: così è stato battezzato il venerdì di mobilitazione per chiedere al presidente Hosni Mubarak di lasciare il potere. Già dalla mattina si registrano i primi scontri di piazza tra i sostenitori di Mubarak e il composito fronte dell’opposizione, che ha visto saldarsi Fratelli musulmani e partiti laici, masse popolari e figli della borghesia, copti e islamici.
Nonostante la pressione della piazza e i consigli del presidente degli Stati Uniti Barack Obama,
Hosni Mubarak, alla guida dello Stato egiziano da trent’anni, non ha intenzione di abbandonare il suo posto, né tanto meno il Paese: l’ha confermato nelle ultime ore anche il suo vice Omar Suleiman. Anche l’Unione Europea si è espressa con forza per un cambio della guardia al Cairo ("transizione rapida e ordinata"), mentre Silvio Berlusconi ha auspicato una transizione democratica "nella continuità" e ha definito "saggio" il presidente egiziano.
Mubarak, salito al potere nel 1981 alla morte di Sadat (assassinato da estremisti islamici per aver firmato la pace con Israele, è un tipico esponente del nazionalismo laico, foraggiato e sostenuto da Stati Uniti ed Europa per anni, in quanto considerato unico argine possibile ai partiti islamici, rappresentati qui dai Fratelli Musulmani. Anche in queste ore il presidente ha giocato la stessa carta, nonostante i Fratelli Musulmani abbiano escluso la loro partecipazione diretta al governo: condizione necessaria è però l’allontanamento del vecchio presidente.
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