Si è pensato subito ad un maniaco, poi ad un branco. Si è parlato della pista satanica, passata e scomparsa dalle cronache nel giro di poche ore. E vi abbiamo raccontato i dati oggettivi e reali sui quali si basa la cosìddetta pista del sequestro per ritorsione. E’ di lunedì pomeriggio la notizia di una richiesta dei carabinieri per visionare i filmati delle telecamere alla frontiera di Como Brogeda. Come se ci fosse il sospetto che Yara possa essere stata sequestrata e portata in Svizzera, il paese straniero ed extracee più vicino, due ore di auto da Brembate Sopra. E’ un’altra strada da percorrere, da battere. Ma allo stesso tempo, nonostante le parole del procuratore aggiunto Massimo Meroni che ha parlato di indagini a tutto campo, sembra che l’ipotesi di un sequestro per estorcere denaro sia da escludere. Richieste di riscatto non ne sono arrivate.
Nonostante questo l‘impressione è che davvero le indagini siano ancora in alto mare: perchè, allora, procedere ancora con le ricerche a Brembate Sopra e non solo, non appena arriva una segnalazione di qualsiasi tipo? Perchè richiedere i filmati delle telecamere installate su buona parte della rete autostradale italiana, per cogliere eventuali spostamenti sospetti nella serata del 26 novembre? Perchè scandagliare con il georadar tutto il cantiere del nuovo centro commerciale di Mapello, lasciando cogliere l’atroce sospetto che nel cemento possa essere stato sepolto qualcuno, e allo stesso tempo affermare che Yara potrebbe addirittura essersi allontanata da sola?
In diciassette giorni nulla è mancato: carabinieri e polizia, rispettivi comandi speciali con tutte le loro sigle, Ris, Rac, Racis, Ros, Sco, protezione civile, vigili del fuoco, soccorso alpino, nuclei cinofili di ogni corpo, 300 persone in tutto utilizzate per le ricerche, sonde speciali. Ma gli elementi concreti sembrano ben pochi: il più concreto, forse, è l’auto rossa che almeno due persone (una è il giovane vicino riabilitato, Enrico Tironi) hanno visto aggirarsi nei pressi di via Rampinelli in quel tardo pomeriggio del 26 novembre, con due uomini vicino che parlavano probabilmente con Yara. Ma quell’auto, se davvero si trovava nella zona di via Rampinelli, indicherebbe uno spostamento di Yara verso casa, quindi non in direzione opposta dopo l’uscita dal centro sportivo, come invece hanno suggerito più volte i cani segugi ai carabinieri.
Nemmeno il suo spostamento immediato verso Mapello, che sembrava cosa certa, è più così sicuro. In questo senso gli investigatori si aspettano risposte dal traffico telefonico della zona in quel tardo pomeriggio del 26 novembre. Il cellulare di Yara si è spento agganciando la cella di Mapello. Ma se quella cella fosse andata semplicemente in soccorso a quella di Brembate, troppo carica di traffico telefonico? Può succedere, anche senza un reale spostamento fisico dell’utente, e non è un caso che proprio in queste ore alcuni tecnici della compagnia telefonica utilizzata da Yara siano arrivati in soccorso agli investigatori, anche per chiarire quell’aspetto.
Segno che si ricomincia per l’ennesima volta da lì, dai possibili spostamenti di quella sera, senza che nulla di certo sia trapelato finora, nemmeno dagli accertamenti svolti sulle persone e sui mondi frequentati da Yara.
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