"Nemmeno io riesco a staccare il pensiero da quella ragazza, da quella situazione in questi giorni". Chi parla è Ivo Lizzola, preside della Facoltà di Scienze della Formazione all’Università di Bergamo, sensibile e attento alle istanze educative e ai temi che gravitano attorno ai giovani.
Le domande che tutti ci facciamo in queste ore sono ovvie: cosa ne è di Yara Gambirasio, 13 anni appena, brava e cara ragazza amante dello sport? Il professor Lizzola prova ad andar oltre: "Conosco bene la preside della scuola che Yara frequenta, le Orsoline di Somasca: suor Carla Lavelli è una sensibile educatrice che adesso ha di fronte a sè un compito assai arduo: riuscire a non far cadere nel panico gli allievi della scuola". Già, spiega Ivo Lizzola "di paura ce n’è tanta nei nostri paesi e nelle nostre città. Già le strade, una volta luogo d’incontro, incutono timore. Cosa sarà domani di quei settecento metri che separano la palestra dalla casa di Yara? Come le vedranno già adesso i compagni della ragazzina?".
Il professor Lizzola collega la paura alla mancanza di relazioni, all’individualismo e la serenità al gruppo, allo stare insieme: "Ma è sempre meno facile creare dei rapporti diretti, oggi si creano su Facebook". E le strade, i cortili, le piazze rimangono vuote. E più sono vuote più sono pericolose. "Inutili in questa realtà le telecamere – conclude il professore -. Ho visto che nella zona dove Yara è scomparsa ce ne sono, probabilmente spente. Ma è un mito inutile quello delle telecamere: non puoi sostituire la vita, lo stare insieme, con cento sguardi che ti registrano!".
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