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Caro professore, criticare non significa rinnegare

Mauro Gervasini, critico cinematografico, risponde a Eros Barone e difende il film di Mario Martone "Noi credevamo" dedicato al Risorgimento italiano

mauro gervasini Ho letto con molto interesse l’intervento di Eros Barone a proposito di "Noi credevamo", il film dedicato al Risorgimento diretto da Mario Martone. Apprezzo la buona fede del professore e l’intento didattico che lo anima, specie quando esprime il timore sacrosanto che gli studenti possano in qualche modo fraintendere il senso dell’opera. Non condivido però la sua critica alla “retorica dell’antiretorica” e i suoi dubbi circa un presunto sentimento “antiunitario” o addirittura “antipolitico” espresso dal film. Premetto che non conosco Mario Martone e non so cosa nello specifico pensi della questione.
(nella foto il critico cinematografico Mauro Gervasini) Conosco però il cosceneggiatore Giancarlo De Cataldo, con il quale ho avuto modo di parlare a lungo di "Noi credevamo", peraltro ispirato, lo ricordo, a un libro omonimo di Anna Banti mai ripubblicato negli ultimi trent’anni. Il rifiuto della “retorica risorgimentale” da parte degli autori (Martone, De Cataldo e in principio Banti) è innegabile. Ma raccontare criticamente gli eventi storici che portarono all’Unità d’Italia non significa assolutamente rinnegarla. Guardando il film, anzi, mi pare che si dimostri il contrario. Martone esalta l’idealismo dei giovani che “ci credettero”, di classi sociali diverse, animati da intenti patriottici forse estranei a chi muoveva le fila dell’insorgenza. Certo la figura di Mazzini, nel film, presenta punti problematici; ma è di un essere umano con tutte le sue vulnerabilità che la drammaturgia si occupa, non di un santino da vecchia banconota. E comunque, cercare di strappare un personaggio storico alla museificazione celebrativa, o anche solo alla sintesi brutale dei manuali, mi pare un’eccellente operazione intellettuale, la migliore che gli autori potessero fare. Stesso ragionamento per Crispi, nel quale viene identificato un modo spregiudicato di concepire la politica, e per questo, forse, molto vicino a certi attuali “rappresentanti” del Paese. Questo è il nodo cruciale di un film che pure nella sua lunghezza (la versione integrale che ho visto io supera addirittura i 200 minuti) non ha la pretesa di “spiegare” il Risorgimento a nessuno, solo di raccontarne l’essenza, mettendo in risalto i motivi per i quali si può considerare “incompiuto”. Il punto di vista è soggettivo, come sempre in un’opera di ingegno, ma non significa che sia falso. Casomai, è utile che la scuola susciti un dibattito partendo dalle (eventuali) riserve sollevate da "Noi credevamo". Tenendo ben presente una cosa: Martone ha soprattutto realizzato un film sull’oggi. E le sue intenzioni sono state drammaticamente superate dalla realtà stessa. La sequenza citata dal professore con l’anacronistico scheletro di edilizia abusiva è stata girata nei dintorni di Pollica, dove è stato ucciso il sindaco Angelo Vassallo. L’ennesimo “idealista tradito”.
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