Roberto Fabbrucci invita chi da decenni occupa la scena politica di Treviglio a farsi da parte e lasciare spazio ai più giovani.
Gentile Direttore,
da cittadino appassionato di politica mi permetta di entrare nel merito di certi comportamenti pubblici che a me appaiono sgradevoli e a volte imbarazzanti, parlo degli annunci di auto candidature a sindaco: argomento che ci troviamo già a dibattere da tempo essendo Treviglio in vista delle elezioni amministrative del 2011.
E a tal proposito vorrei cercar di far riflettere i miei coetanei, raccontando ai più giovani, quali fossero i valori che ci animavano da ragazzi, quando decidemmo di aderire ad uno dei vari partiti che avevano una sezione a Treviglio. Valori che ci permettevano di crescere perché, al di la delle ideologie, avevano per noi lo stesso obiettivo: soddisfare l’ambizione di far qualcosa per la città, per gli altri, con la sola aspirazione di essere citati e ricordati per qualcosa di buono che saremmo riusciti a proporre, a realizzare.
Oggi, ed è sotto gli occhi di tutti, non è così. Non per colpa dei singoli o forse non solo, ma per le conseguenze di quanto è accaduto nel 1992 con la soppressione dei cinque partiti che fino allora avevano governato l’Italia. Oggi, a differenza del secolo appena trascorso, non esiste più un partito scuola di vita e di senso civico, quasi un’università per quanti di noi non avevano frequentato quella vera. Infatti, da ormai almeno un decennio, si ha l’impressione che l’egocentrismo e l’autoreferenzialità siano il vero motore della politica e forse è per questo che anche coloro che sono cresciuti in quell’antica e onorata scuola dei partiti storici, oggi fingono di dimenticare le regole del “buon padre di famiglia”, quelle che, invece, non dovrebbero mai uscire di mente.
Per esempio, che c’è un tempo per ogni stagione e che molti politici queste stagioni le hanno tutte percorse già ai tempi della Prima Repubblica: nel direttivo di sezione, in Consiglio comunale, nelle commissioni e nelle consulte, nelle associazioni politiche e nei circoli di partito, spesso in enti e istituzioni sovra comunali, provinciali, regionali o addirittura nazionali.
Arrivata poi la seconda Repubblica (più generosa della prima non essendo necessario servire una causa ma solo qualcuno con un incarico più elevato), si sono aperte le porte di molte istituzioni politiche, società a partecipazione pubblica con i suoi consigli di amministrazione e presidenze. Attività certamente impegnative, spesso però remunerate, restituendo così soddisfazione a quanti vi hanno prestato e vi prestano il loro impegno politico-amministrativo, quindi intellettuale.
Per questo mi va di suggerire a questi uomini pubblici un atto di coraggio, forse un atto assolutamente straordinario: raggiunto un certo traguardo di carico politico (diciamo superato il trentennio), dovrebbero decidere di fare un passo indietro, per iniziare a sostenere quanti fino ad oggi hanno sostenuto loro. Penso in particolare ai più giovani che ora hanno bisogno della loro esperienza per rinnovare la vita politica e creare una prospettiva per tutti i cittadini che si attendono soluzioni nuove a problemi vecchi.
Insomma è così difficile per i nostri politici, che hanno concesso così tanto in questi trentacinque o quarant’anni, trasformarsi in Padri Nobili della città, spendendosi finalmente per gli altri senza chiedere altro, se non la gratitudine di tutti e un addio, magari fra cent’anni, con gli onori che si meritano?
Roberto Fabbrucci
commenta