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L'intervista

Tremaglia jr: Fini ha ragione ma la partita va giocata nel Pdl

Il giovane Andrea a ruota libera: ???Ricordo quando scrissi a Gianfranco di non togliere la Fiamma dal simbolo. Mio nonno non deve rendere conto a nessuno. Resto nel Pdl, ma credo che Mangano non sia un eroe e che la componente di An faccia troppo silenzio".

Generazione Pdl” era uno dei suoi slogan. Poche parole per riassumere, indirettamente, la storia della famiglia Tremaglia, passata attraverso l’Msi, Alleanza nazionale e infine il Popolo della Libertà, del quale la destra italiana è stata fondatrice. Il nonno Mirko, il padre Marzio scomparso 10 anni fa, il figlio Andrea, 23 anni, candidato alle ultime elezioni regionali. A qualche mese di distanza Andrea sta studiando per recuperare un po’ di esami di Giurisprudenza, tralasciati per la stagione politica, e assiste al mal di pancia del Pdl, all’addio di Fini, all’uscita del nonno dal partito.

C’è ancora una generazione Pdl?
C’è ancora e lo dico io, che alla storia sono molto legato. Ho ancora in mente alcune immagini del congresso di Fiuggi, quando stava nascendo la generazione di An, che aveva tra i suoi protagonisti gli uomini dell’Msi. A casa avevo un peluche a forma di fiamma, donatomi da mio padre, e allora scrissi una lettera a fini chiedendo “perfavore, lasciate la fiamma nel simbolo di An”. Per me era una questione affettiva, non so se mantenne la fiamma per quella lettera.

Un giovane che non può che pensare alla storia, eppure parla con convinzione del Pdl.
Facciamo un passo indietro. Nessuno, dico nessuno dei componenti di An, ha vissuto con leggerezza e piacere lo scioglimento del partito all’interno del Pdl. Questo è un fatto. Si parlava di un partito nato nel 47, di una comunità umana con un’identità forte e ben riconosciuta. Al passaggio nel Pdl ho pensato che tutti si sarebbero sentiti come lo studente che ha abitato in casa dei genitori fino alla fine del liceo e poi deve andare a vivere da solo per studiare all’università. Insomma, un passaggio pesante, per importanza, per il peso che aveva.

E’ proprio quel passaggio pesante che viene rimproverato a Fini. Si può tornare indietro?
La fusione del 2008 c’è stata soprattutto perché Fini ha detto al suo popolo: “E’ ciò che dobbiamo fare”. So che non lo ha fatto a cuor leggero. Lo sapevamo tutti. Oggi a me provoca un po’ di sofferenza vedere come, viceversa, Fini non si senta più rappresentato dal Pdl. E’ un leader che sa fare innamorare, ma è uscito dal Pdl. So che è una questione estremamente complessa…

Ovvero?
Se Fini ha avvertito una mancanza di dialettica e possibilità di confronto interno ha fatto bene a sollevare il problema. Ma allo stesso tempo non mi è piaciuto che questo fosse fatto pubblicamente. Nell’Msi e in An c’erano riunioni che finivano a sediate, ma quando si sceglieva la linea quella era e all’esterno trapelava poco. Per chiarezza, vorrei una politica così.

Sta dicendo che Fini doveva fare una battaglia tutta interna al partito?
Certo. Nel momento in cui si manifesta all’esterno il proprio malumore, pur essendo in buona fede, si passa per colui che è in mala fede. E questo non gli viene perdonato.

Sembra di capire, però, che lei nel merito condivida le istanze di Fini.
Direi di sì. In un partito deve esserci possibilità di dissenso, di confronto. E in quest’ultimo periodo, in quest’estate 2010 non proprio edificante, è un po’ mancata. E in secondo luogo il Pdl non può restare un partito così sdraiato sulle posizioni della Lega Nord, che avanza ovunque. Su tante cose bisognerebbe fare dei distinguo e invece non li facciamo.

Ma su questo e altri temi secondo lei nel Pdl è davvero possibile un confronto ai vertici?
Berlusconi nasce imprenditore. La forma mentis berlusconiana è quella. A lui da fastidio quando la discussione va a danneggiare o turbare anche solo in termini di immagine i risultati che lui consegue governando. A Berlusconi non dà fastidio se una sera un gruppo di ministri si prende a sediate; a lui dà fastidio se il confronto interno offusca i risultati.

Ma nel merito, un confronto poteva o può esserci?
Un fronte era già aperto. Si doveva continuare, in modo più accorto. E nell’ambito di un confronto interno credo che quella comunità chiamata prima Msi e poi An, oggi nel Pdl debba farsi sentire di più. Dev’essere chiaro che quando Dell’Utri se ne esce dicendo che Mangano è un eroe, io dico che per la mia storia e le mie convinzioni Mangano non lo è. Su queste cose dovremmo porre paletti fermi.

Per certe prese di posizione che si sentono in Futuro e Libertà è scoppiata la polemica anche su suo nonno Mirko.
Mio nonno è un politico come pochi, che ha sempre messo in prima fila le palle. Non ha mai seguito la convenienza, non è stato nel Movimento sociale dal ’47 al ’90 per spartirsi posti nei Consigli d’Amministrazione, dato che non ce n’erano per l’Msi. Con la storia che ha non deve rispondere di niente a nessuno. Io cercherei di capire fino a che punto le posizioni di merito di Futuro e Libertà possono conciliarsi con quelle del Pdl. Non credo sia impossibile.

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