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La lettera

“Bella la Cattedrale verde, ma via lo scempio dell’Alben” fotogallery

Una lettrice manda alcune osservazioni relative alla costruzione della cattedrale verde sulle pendici dell'Arera e ad alcune incongruenze con l'ambiente circostante.

Una lettrice manda alcune osservazioni relative alla costruzione della cattedrale verde sulle pendici dell’Arera e ad alcune incongruenze con l’ambiente circostante.

Pochi giorni fa è stata inaugurata la cattedrale verde del Monte Arera, stupenda opera che possiede il raro pregio di coniugare arte e natura, valorizzando uno dei luoghi più belli delle nostre Orobie.
E così sarebbe se le infrastrutture, vecchie e nuove, che circondano la zona non inducessero qualche perplessità.
Se dalla cattedrale si allarga lo sguardo, il panorama si apre sul paesaggio dolomitico del Monte Alben, posto di fronte. Anch’esso ha la sua “cattedrale”… di ferro e cemento! E’ la vecchia struttura alberghiera e residenziale della Conca dell’Alben, risalente agli anni ’60.
Anche lei è integrata nella natura: vista da vicino è verdeggiante di arbusti che crescono sui balconi e aperta al vento della montagna attraverso i vetri rotti delle finestre.
La struttura in ferro si abbina bene ai resti del vecchio impianto di risalita, ricoperti, più in alto, da frane e smottamenti rocciosi con cui la montagna sta cercando di sanare le ferite inferte dall’uomo.
Dietro la cattedrale dell’Arera c’è la strada, da poco completata, che facilita l’accesso in quota ai turisti… in possesso di auto-tascabili, da ripiegare e portare nello zaino, dal momento che, nelle domeniche estive, il piccolo parcheggio a monte è tutt’altro che adeguato e su questo tratto di strada alpina sono facili le multe.
Per non parlare della poca cura della stessa, ricoperta, nei punti alti, e mai ripulita dalla ghiaia che i temporali trascinano sull’asfalto.
Al termine della strada, a quota 1600m, insieme a bellissimi pascoli che culminano con la vista maestosa dell’Arera, si incontrano le rovine di pali di ferro di ski-lift abbandonati e le strutture cadenti di un ristorante e della partenza della dismessa seggiovia.
A 2000m, puntuali ad aspettarti, trovi i ruderi di cemento armato dell’arrivo della stessa, affiancati da un cartello, nuovo di zecca, che ti indica il “prato delle stelle alpine”! Poco più in là c’è il vecchio espositore in legno del sentiero dei fiori che, forse, con un po’ di manutenzione, si potrebbe ancora salvare per qualche stagione.
Sicuramente la costruzione di un’opera come la cattedrale verde è uno sforzo lodevole per valorizzare le prealpi bergamasche, ma non si possono ignorare la necessità primaria di ripulire l’ambiente montano dai resti di storia aggressiva che ne deturpano il paesaggio ( vedi Conca dell’Alben, Arera, Valcanale…) e l’urgenza di investire in un turismo ecocompatibile che sappia ridonare alle nostre montagne la bellezza e l’unicità di chiamarsi Orobie.
Simona

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