Un lettore trevigliese, Narno Pinotti, chiama in causa Sacbo (la società di gestione dell’aeroporto di Bergamo-Orio al Serio, a maggioranza pubblica), stavolta non per il rumore dei decolli, ma sul tema del lavoro.
Gentile redazione,
vorrei tornare sullo sviluppo di Orio: non però dal punto di vista ambientale, ma per così dire politico.
Sacbo, che gestisce lo scalo fin dall’apertura ai voli civili, è una società per azioni la cui maggioranza è detenuta da enti pubblici, fra cui comune e provincia di Bergamo. Le amministrazioni elette dai cittadini mantengono (o persino aumentano) le loro quote, perché giudicano importante controllare la gestione dello scalo: tutto bene, fa parte della loro autonomia di mandato.
Tuttavia la politica può entrare nell’economia solo se tiene presente i propri peculiari fini, che non sono solo i profitti, bensì soprattutto la mediazione fra soggetti e la tutela di alcuni interessi generali. Il suo principale mezzo di azione è il denaro pubblico: non solo tasse, ma anche beni mobili e immobili, investimenti, mutui e appunto quote azionarie in società che forniscono servizi (fra cui il trasporto).
Ora, a quanto pare Sacbo SpA fa funzionare varie attività dell’aeroporto tramite contratti a termine: uno strumento previsto dalla legge, certo; senonché la sua reiterazione esasperata fa sì che parecchi giovani dipendenti lavorino per tre mesi, siano licenziati per pochi giorni e riassunti per il successivo trimestre. Questo per anni, mentre i contratti a tempo indeterminato sono concessi con il contagocce.
Non dubito che un aeroporto abbia da un lato spese fisse ingenti, dall’altro ricavi fortemente condizionati dai flussi di traffico e dalle scelte delle compagnie aeree: è perciò fisiologico che una parte del personale sia precaria. Ma qui sta il punto: dal 2002 Sacbo vanta bilanci in attivo sia per i passeggeri sia per le merci, spesso con margini di crescita a due cifre (solo nel 2008 il settore cargo ha subito una flessione, contenuta, in gran parte dovuta alla crisi), e scala posizioni nella classifica degli aeroporti italiani. Ora, a mio parere una società a maggioranza pubblica deve produrre non solo profitti, ma anche lavoro e sicurezza sociale. E Sacbo è in condizione di farlo, da anni.
Del resto le amministrazioni pubbliche (dalla Regione in giù) destinano fondi per costruire case a prezzo agevolato o per aiutare le giovani coppie a comprar casa o a pagare l’affitto. Ma creare posti di lavoro sicuri non è forse un altro modo per ottenere gli stessi risultati? Anzi non è forse un modo migliore, visto che la prospettiva di un reddito sicuro e dignitoso dà al lavoratore la libertà di decidere della propria vita, senza aver paura di ammalarsi, accendere un mutuo o avere un figlio?
In breve: siamo di fronte a un modello di sviluppo che produce ricchezza e non lavoro? Mi piacerebbe che Sacbo rispondesse, meglio ancora se per dimostrare che i miei timori sono infondati.
Grazie e cordiali saluti
Narno Pinotti
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