La bufera investe Verdini ma paradossalmente a coprirsi dalle intemperie sono Fini e i parlamentari a lui più vicini. Ieri il presidente della Camera aveva auspicato le dimissioni da cariche politiche di chi è investito da indagini rilevanti. Il coordinatore nazionale Verdini è investito da un indagine giudiziaria di grosse proporzioni con l’accusa di aver fatto parte della famosa “P3”, un sorta di comitato di affari che avrebbe cercato di fare pressioni su decisioni fondamentali all’interno delle istituzioni, e per una serie di sospetti affari illeciti sull’eolico in Sardegna. Ieri, mentre Verdini era ascoltato dal procuratore aggiunto Giancarlo De Capaldo e dal m Rodolfo Sabelli (ascoltato per nove ore), si è scatenata la polemica politica.
Il coordinatore ha rassegnato ha rassegnato le sue dimissioni irrevocabili da presidente del Credito cooperativo fiorentino (Ccf) e da componente del consiglio di amministrazione della banca. "In questi mesi – si legge nella lettera di dimissioni di Verdini – si è abbattuta sulla mia persona e, indirettamente, sul Credito cooperativo fiorentino, una tempesta mediatica e giudiziaria di ampie proporzioni rese certamente più eclatanti dal ruolo politico che rivesto. Sono assolutamente certo di poter dimostrare, e lo farò nelle sedi opportune, la mia estraneità da ogni illecito che mi viene in questa fase addebitato. Tuttavia devo prendere atto che la rilevanza assunta dai fatti che mi vengono imputati – rilevanza che va bene al di là del merito stesso dei problemi – rischia di gettare un’ombra sulla banca".
Motivazione che se spinge il coordinatore a lasciare l’incarico nella banca non lo convince altrettanto a proposito delle dimissioni dagli incarichi di partito. Verdini risponde infatti a Fini dicendo che la sua «È una richiesta largamente impropria e penso di non avere nessun motivo per dimettermi».
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