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Bergamo

Addio al giornalista Paolo Impellizzeri

Bergamo perde una persona di cultura. Non di buon carattere, ma certo di carattere. Il giornalista Paolo Impellizzeri se n'?? andato luned?? mattina, 17 maggio, a 66 anni.

Bergamo perde una persona di cultura. Non di buon carattere, ma certo di carattere. Il giornalista Paolo Impellizzeri se n’è andato lunedì mattina, 17 maggio a 66 anni. L’ha ucciso un diabete trascurato per il quale già l’anno scorso Paolo Impellizzeri, siciliano di nascita, cittadino di Bergamo d’adozione, dove viveva di fronte al Donizetti (il simbolo del teatro, della musica, della cultura tout court) era stato operato: sembrava all’inizio che avrebbe potuto farcela il "paolone", barba scura, gran testone, voglia di vita, ma una serie di complicazioni l’ha stroncato proprio mentre lo attendeva un’altra operazione.
Era in pensione da qualche anno e passava sei mesi all’anno circa a Schilpario, il suo buen retiro.
Era in pensione dopo una vita trascorsa nei giornali orobici. L’ultimo, l’Eco di Bergamo dove, assunto nel 1990 dall’allora direttore Gino Carrara, aveva svolto per molti anni il ruolo di caposervizio alla Cultura e agli Spettacoli, di certo il tema che più lo affascinava, ma non l’unico. Perché Paolo Impellizzeri era probabilmente una delle persone più sfaccettate e ricche di interessi della Bergamasca. Laico e progressista, era arrivato a Bergamo col papà, funzionario statale, da ragazzo. Aveva frequentato il liceo classico Sarpi e poi era subito, nemmeno ventenne, entrato nel mondo del giornalismo al vecchio Giornale del Popolo. Erano i primi anni Sessanta  e poco dopo, nella primavera del ’62 aveva iniziato a lavorare per il Giornale di Bergamo ed era stato uno dei primissimi cronisti bergamaschi a dare l’esame di giornalista professionista nel 1967. 
Poco dopo aveva partecipato, con Aurelio Locati alla nascita e alla gestione di Bergamo Oggi, quotidiano curato da una cooperativa di giornalisti. Ricorda Ildo Serantoni, che con lui divise quell’avventura intensa e breve: "Erano gli inizi degli anni Ottanta e muovevano i primi passi a Bergamo giornalisti come Cristiano Gatti, Maurizio Belpietro e Piero degli Antoni". Poi una breve parentesi col Giornale di Bergamo Nuovo, quindi il ritorno a Bergamo Oggi con meno forza e meno gente e meno lettori, naturalmente.
A quel punto Paolo Impellizzeri accettò l’incarico di addetto stampa di un sindaco, Giorgio Zaccarelli, il primo sindaco di Bergamo che optò per un ufficio stampa "professionale".
Al termine dell’incarico a Palafrizzoni il passaggio a L‘Eco di Bergamo che lasciò ai primi del Duemila, andando in  pensione. Ma all’Eco, come in precedenza al Bergamo Oggi, Paolo Impellizzeri diede il meglio dal punto di vista umano e professionale: facile per lui gestire le pagine degli spettacoli e della cultura, appassionato com’era di cinema, di musica classica e jazz, di teatro, di libri (sterminata la sua biblioteca personale).
Il meglio sì, con tutte le intemperanze, le discussioni, le alzate di voce (la redazione Cultura e Spettacoli era in fondo in fondo al corridoio, ma lo si sentiva urlare anche all’ingresso del giornale). Eppure, chiedete a tutti gli esponenti locali e gli esperti del mondo delle arti varie: vi diranno che era quello che più ci prendeva e ci capiva. Criticando, borbottando, prendendo posizione… ma ci capiva, eccome.
Ricorda Marisa Poli, oggi alla Gazzetta dello Sport, ieri all’Eco: "Di lui mi ricordo il suo modo di alzare la voce per le cose in cui credeva e a cui teneva". 
Era proprio così: con  la sua voce baritonale e sempre un po’ sopra le righe, amava discutere provocare, entrare nel merito di tanti argomenti. Prendete il cinema. Discussioni folli con chi amava quello italiano, alla Nanni Moretti per intenderci. "Ma ti sembra cinema questo? – urlava a squarciagola – Il cinema è quello americano, quello che mette insieme centomila persone, quello con gli effetti specialissimi. Certo non due ore girate tutte in un interno, nelle stessa stanza, magari". Poi, magari, scoprivi che in altro contesto difendeva Nanni Moretti a spada tratta. Era così il "Ciccio", come lo chiamavamo tra noi: sovrappeso, amante della vita, della notte, del divertimento, decisamente restìo a farsi incanalare mentalmente e fisicamente, anche da malato. Quando, anni fa, l’operarono al cuore e gli vietarono di fumare, bere… andava in giro lamentandosi con l’ironia che non lo abbandonava: "L’unica cosa che mi lasciano fare questi dottori è attraversare col verde". E disobbediva. Sempre.

IL RICORDO – L’incoraggiamento di un giornalista vecchio stampo

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