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Calderoli: “Chi dice no al federalismo? Il Corriere della Sera”

Il ministro bergamasco spazia con Roberto di Caro dell'Espresso dai poteri forti, alla paura della Lega, dai berluschini ai finini.

Roberto di Caro per L’Espresso ha intervistato il ministro alla Semplificazione normativa, il leghista bergamasco Roberto Calderoli

Ministro, ma lei ai Mondiali di calcio tiferà Italia? La curiosità viene, pensando all’inaspettato "certo che sì" di Umberto Bossi 1990 e al polemico "non ci penso nemmeno" di suo figlio Renzo oggi. "Io tifo Valentino Rossi, la Ferrari, ma il calcio…", risponde Roberto Calderoli: "Solo l’Atalanta, che però continua a piangere e purtroppo finirà in B". ‘Bergamo nazione, tutto il resto è meridione’, era lo slogan del nonno Guido, fondatore dell’autonomista Mab: per vedere il nipote sbracciarsi allo stadio toccherà dunque aspettare che i nerazzurri di Bortolo Mutti disputino i Mondiali.
Del resto ha ben altre gatte da pelare, il ministro della Semplificazione normativa, con Bossi alle Riforme l’altro titolare del ridisegno istituzionale del Paese: tutti i 17 decreti attuativi della legge delega 2009 sul federalismo, le beghe e gli scandali interni all’alleato Pdl che rischiano di inceppare la Grande Riforma, la gestione di un successo elettorale oltre le previsioni.

Calderoli, avete vinto troppo?
"Forse. E qualcuno s’è allarmato. Peggio, come uno comincia a litigare, il consenso cade, e ciò che è successo dopo il voto nel Pdl ha fatto schizzare la Lega in alto nei sondaggi. Questo ha spaventato ancora di più molta gente".

E vi tocca andare in soccorso del Pdl a pezzi, o vi si sgretola in Parlamento la maggioranza per approvare i decreti attuativi del federalismo.
"I decreti sono la cosa meno vulnerabile. Non devono più passare attraverso un voto per articoli, ma solo per il parere della Bicamerale: che io recepisco e porto all’approvazione definitiva del Consiglio dei ministri. Nel passaggio parlamentare, il federalismo fiscale è cambiato forse per l’80 per cento, e l’unico pazzo che si è preso la briga di scrivere un testo sono io. Conto anche ora di arrivare a un voto bipartisan".

Intanto però vi siete ritrovati a dover difendere in blocco il Pdl, Scajola incluso. Lei ha detto: "Non è un imbecille", ma poi sono uscite carte e testimonianze difficili da far digerire alla vostra base. O no?
"Quelli contestati sono tutti fatti circostanziabili: se gli assegni circolari ci sono, se qualcuno li ha presi e depositati, tempo 15 giorni e verrà fuori, in caso contrario il caso si sgonfierà. È inutile lanciarsi in supposizioni e dietrologie".

E le dimissioni? In conferenza stampa Scajola ha detto che se qualcuno gli ha pagato una parte della casa vista Colosseo lui non ne sapeva niente!
"Quelle dichiarazioni voglio sperare nascano da un comprensibile stato di agitazione, che forse gli ha fatto perdere lucidità".

Lei dice: qualcuno s’è allarmato per la vittoria della Lega, e gioca contro. Chi? Fini e i finiani? Una quota di berlusconiani?
"Distinguiamo. Ci sono i finiani veri, per i quali ho il massimo rispetto, e stanno a Fini come i berlusconiani veri stanno a Berlusconi: cioè condividono un’idea e un progetto e hanno per la persona stima e ammirazione. Poi ci sono i ‘finini’, così come ci sono i ‘berluschini’. Più realisti del re, giocano a scimmiottare il leader, e credo finiscano per danneggiarlo".

Qualche nome?
"Roberto Menia è un finiano vero con le idee chiare: allo scioglimento di An si oppose strenuamente alla fusione nel Pdl".

Non così Italo Bocchino.
"No, lui la sostenne. Ma allora non puoi ogni giorno andar contro la maggioranza e attaccare il presidente del Consiglio".

Come fa Fini?
"Se in quella specie di quasi-congresso che è stata la loro assise racimoli il 6-7 per cento, o ti adegui o prendi atto che forse non sei nel partito giusto per te".

E i ‘berluschini’ chi sarebbero?
"Come capita anche a sinistra, i più pericolosi sono quelli che si sentono frustrati dalla mancata realizzazione di sé".

Lo ha detto anche di Fini, eterno delfino.
"No, penso a chi voleva fare il sottosegretario o il presidente di commissione e si ritrova deputato semplice, o al sottosegretario che si crede più bravo del ministro. Eh, quanti ce ne sono! Siccome non possono attaccare sul punto vero della loro frustrazione, se la prendono col federalismo o le pensioni o qualche altro tema forte".

Messa così, sembrano più un impiccio che un pericolo, per la Lega. Chi sono i vostri veri nemici, ancora in grado di inceppare l’iter delle riforme su cui voi avete scommesso tutto?
"Noto che una testata giornalistica ha assoldato due o tre killer il cui unico mestiere è ormai sparare addosso al federalismo. Vanno avanti da mesi…".

Sarebbe?
"Beh, il ‘Corriere della Sera’. Forse pensavano che il federalismo demaniale non si sarebbe fatto mai, e ora scoprono che invece si sta realizzando. E che, se tanto dà tanto, arriveranno anche la Carta delle autonomie e la riforma costituzionale. A quel punto gli salterebbe tutto il sistema".

A chi salterebbe il sistema? Intende la composita compagine degli azionisti del ‘Corriere’?
"Agli enormi interessi economici che stanno dietro al giornale, di cui gli azionisti sono un’espressione ma non la sola. I ‘poteri forti’ non saranno più quelli di una volta, ma ci sono, eccome se ci sono".

E quale partito o corrente farebbe loro da sponda politica?
"Non hanno un solo partito, anche perché verrebbe preso a calci dalla gente e non guadagnerebbe un voto. Hanno pezzi qua e là, sparsi in tutti gli schieramenti".

Chi, per esempio?
"Far nomi mi pare antipatico: comunque, tutti quelli che a destra come a sinistra, per non toccar nulla e continuare con gli affaracci loro, cercano di far credere che il federalismo è contro l’unità del Paese".

Invece è il modo per tenerlo insieme, voi sostenete. Ma era il modello della vecchia Dc, di cui la Lega condivide bacino elettorale e radicamento territoriale. "Sono orgoglioso di appartenere a un partito che ha disarticolato lo Stato nazionale", vantava Beniamino Andreatta, testa fine e uomo senza peli sulla lingua.
"La disarticolazione l’abbiamo già realizzata, senza cercarla. Ora dobbiamo creare l’articolazione dello Stato. Noi diciamo: secondo il modello federalista".

"Siamo noi la Balena Verde", parola di Umberto Bossi. La Lega è la nuova Dc?
"Per l’amor di Dio!".

Veniamo alle scadenze di questa nuova articolazione federalista. Se lo Stato, obbiettano vari economisti, trasferisce gratis a Comuni, Province e Regioni le proprietà demaniali di immobili, caserme, spiagge, miniere, porti, piccoli aeroporti, laghi e fiumi, come garantisce il debito pubblico?
"Del Comune o dello Stato, sempre patrimonio pubblico resta".

Se un immobile è mio, io Comune lo vendo quando mi pare, e addio garanzia.
"In caso di alienazione, il ricavato non potrà essere usato per la spesa corrente: dovrà andare obbligatoriamente a ridurre il debito pubblico locale, che è parte del debito pubblico nazionale".

Comuni, Province e Regioni già litigano su chi deve acquisire le proprietà demaniali.
"Non sugli immobili. Qualche problema c’è su fiumi e laghi, ma credo di aver trovato la quadra, che prevede una sorta di compartecipazione agli utili, per esempio quando vi sono centrali idroelettriche. Di più però non mi chieda, la trattativa è in corso".

Con l’autonomia impositiva degli enti ogni Comune imporrà le tasse che vuole.
"Il mio obiettivo è di ridurle, le tasse, non aumentarle. Mi sono battuto per la cedolare secca al 20 per cento sugli affitti, l’ho ottenuta in via sperimentale per l’Aquila, si può pensare qualcosa di simile. Ma sto discutendo il pacchetto complessivo: se anticipo altro, Regioni, Province, Comuni e Tremonti mi fucilano!".

Ecco, Tremonti. Da sempre vicino alla Lega, uomo jolly…
"Non mi dica possibile capo di un governo tecnico: è roba da prima Repubblica. Né lui né gli elettori accetterebbero".
 

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