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Consiglio generale cisl

Petteni: “Il territorio va risarcito dalle aziende che l’hanno sfruttato” video

"Il sindacato non vuole fare l'ospedale da campo: non vogliamo essere chiamati solo a soccorrere i feriti, ma vogliamo essere partecipi nelle decisioni, anche per evitare ulteriori morti e feriti".

Gigi Petteni, segretario regionale della Cisl, ha concluso il Consiglio generale dell’organizzazione sindacale tenutosi a Bergamo per discutere della situazione locale, delle prospettive per garantire lo sviluppo mentre la crisi morde sul piano occupazionale e sembra invece intravedere degli spiragli sul piano produttivo.
Ci sono spiragli a Bergamo e in Lombardia, vero?
Mettiamola così: se registriamo un "più uno", dopo una serie di meno che han portato a "meno 15", adesso si è sempre a "meno 14", non è proprio confortante.
Soprattutto se è vero che ora vengono al pettine i nodi sul versante occupazionale.
Appunto. Per questo la Cisl sta lavorando con la Regione Lombardia per trovare una serie di sbocchi, per tutelare i lavoratori.
Come si tutelano i lavoratori?
La prima richiesta, la prima battaglia è sugli ammortizzatori sociali: ci muoviamo, anche col Pirellone, per prorogarli fino tutto il 2010. L’obiettivo è tenere tutta la forza lavoro al proprio posto.
Qual è ruolo della Regione in questa strategia?
E’ di pressione a livello legislativo: servono norme ad hoc per la proroga.
Ammortizzatori allungati, dunque. E poi?
E poi una campagna che prende spunto proprio dalla vicenda Dalmine. Il fatto che i titolari della Dalmine hanno acquistato l’azienda dal sistema pubblico ottenendo non poche disponibilità, per esempio sul versante della centrale elettrica su cui si è lasciato investire. Ora, questi imprenditori che hanno avuto agevolazioni e facilitazioni, non possono semplicemente prendere atto che il mercato è cambiato e quindi si va a casa: questo non lo si può consentire.
E cosa si fa?
Va studiata una legislazione che imponga una sorta di risarcimento al territorio che è stato utilizzato e sfruttato.
Solo per le aziende?
Le dirò che anche per le banche vale un po’ questo discorso. La moratoria sui mutui decisa dall’Abi va, credo, in questa direzione. E’ una sorta di risarcimento: la situazone in cui ci troviamo non vede gli istituti di credito privi di responsabilità, perciò che vadano incontro a chi è rimasto a piedi mi sembra corretto.
A proposito di responsabilità, il ministro Giulio Tremonti ha parlato di posto fisso come valore. C’è chi legge le sue dichiarazioni come frutto di facile populismo: lei che ne pensa?
Io ero presente quando il ministro Tremonti ha fatto quel discorso. Un discorso complesso che poi è arrivato lì. Devo dire che, a mio parere sia chiaro, mi è sembrato davvero alla ricerca di una risposta nuova al mercato che, così com’era fino a ieri, ha dimostrato di non reggere più. Al contrario di tanti soloni che le risposte dicono di averle già in  tasca, Tremonti almeno dà l’impressione di essere impegnato in uno studio approfondito delle possibili alternative.
Il ministro, la Regione, ma il sindacato?
Il sindacato c’è. Intanto sabato insieme, Cgil e Cisl organizzano la marcia kmper il lavoro a Milano, mettendo da parte le divisioni che pure esistono. 
E cosa mi dice del ruolo del sindacato a Bergamo, in questa realtà profondamente colpita dalla crisi economica?
Pesantemente colpita sì, ma ancora tutelata grazie proprio alle realtà, come il sindacato, che hanno evitato lo sfacelo sociale, che hanno operato per mantenere la pace sociale. Ora bisogna pensare al futuro, alla Bergamo del futuro.
Come vede la Bergamo del futuro?
Penso proprio che non uscirà dai salottini, ma da una ripresa forte del ruolo di questo mondo sociale che è stato messo da parte nel recente passato. Già perché c’erano le realtà forti che pensavano di poter decidere e fare tutto loro, da sole. Salvo poi chiamare le realtà associative, dal sindacato al volontariato, a sostenere le situazioni difficili. Ecco, io dico che noi non vogliamo fare l’ospedale da campo, non vogliamo essere chiamati solo a soccorrere i feriti, ma vogliamo essere partecipi nelle decisioni, anche per evitare ulteriori morti e feriti.

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