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L'attentato di milano

I musulmani orobici: “Denunciare i fanatici”

Mohammed Saleh, vicepresidente del centro islamico: "Il conflitto in Afghanistan pu?? provocare disagio, ma non siamo in guerra con l'Italia. Tra di noi non ci sono scalmanati".

L’eco dell’attentato di Milano è arrivato anche a Bergamo. Da una parte, le forze dell’ordine hanno aumentato il livello d’attenzione. Niente di straordinario, ma da lunedì polizia e carabinieri hanno alzato le antenne. Particolare riguardo agli obiettivi cosiddetti sensibili (sedi istituzionali e infrastrutture, aeroporto in particolare), ma anche alle procedure da seguire in interventi che a prima vista potrebbero sembrare di ordinaria amministrazione. Il personale è stato invitato a seguire le misure cosiddette di "cautela personale", in modo da evitare rischi inutili.  
Dall’altra parte, la comunità islamica ha reagito con stupore alla notizia dell’attacco kamikaze alla caserma Perrucchetti. "L’episodio ci ha colto di sorpresa – spiega Mohammed Saleh, vicepresidente del centro islamico di via Cenisio – da quel che si è saputo era un uomo in apparenza tranquillo, difficile capire perché si sia ridotto a fare una cosa simile. E’ un gesto che condanniamo senza riserve".
Si è detto che il libico Game si era avvicinato all’Islam dopo difficoltà personali e economiche. E’ un triste ritornello: la religione come via di fuga dai problemi terreni, come strumento di lotta verso la società occidentale in cui ci si fatica a integrare. "Difficile interpretare quello che è accaduto. Non è una novità che qualcuno si rifugi nella religione per coprire il suo disagio e i suoi fallimenti. Per quanto riguarda la crisi economica incide su tutti, musulmani  e non. Ma in questa storia non mancano le contraddizioni: è vero che Game aveva difficoltà finanziarie, ma era anche un padre di famiglia inserito nella società. E’ in Italia dal 2003 e non aveva mai dato problemi prima". Adesso il rischio è che qualcuno strumentalizzi l’accaduto. Anche questo non sarebbe una novità. "Ci dispiace per quello che è successo. Bisogna però capire che questo attentato danneggia anche noi: ora ci sarà gente che andrà a nozze, che farà polemica in televisione e sulle prime pagine per buttare fango su di noi".
La comunità islamica bergamasca, assicura Saleh, è del tutto estranea ai fantasmi del fondamentalismo. Anche se, ammette Saleh, il pericolo dei cattivi maestri è sempre dietro l’angolo. "Tra di noi non ci sono scalmanati, anche perchè siamo da sempre portatori di un messaggio di equilibrio e abbiamo buoni rapporti con le istituzioni. Ma è vero che ci può sempre essere qualcuno che gode di un forte potere carismatico sulle menti deboli, è successo anche in America anni fa, con la strage di una setta provocata da un santone. Bisogna comunque considerare che difficilmente un’eventuale testa calda si manifesterebbe: è sempre complicato individuare segni di disagio, addirittura impossibile prevedere gesti del genere".
Quanto pesa il conflitto in Afghanistan? "Può provocare risentimento, così come i conflitti in Iraq e Palestina. Ma finché si tratta di modi diversi di vedere le cose, di pareri diversi, non c’è nessun problema. Niente però autorizza ad andare ad ammazzare la gente. Posso capire che sul campo di battaglia si voglia provocare perdite al nemico, ma qui no. Non c’è nessuna guerra con l’Italia. Siamo qui per vivere in pace e per lavorare: l’Italia ci ha accolto e non bisogna provocare fastidi di nessun genere". Se si trovasse di fronte un fanatico, che farebbe? Lo denuncerei, ci mancherebbe altro. Perché ripeto, farebbe un danno anche a noi musulmani che, come tutti, di questi tempi abbiamo ben altri problemi cui pensare". 

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