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L'intervista

“Camera di Commercio decisiva per la crescita di Bergamo”

Il segretario generale Carlo Spinetti lascia dopo mezzo secolo di carriera interna e racconta l'evoluzione dell'ente dagli anni Sessanta a oggi: successi, presidenti (5), tensioni, anche uno scandalo: "Ma questa ?? la crisi economica peggiore". E d?? un consiglio al successore del presidente Sestini.

Tempo di cambi e rinnovi alla Camera di commercio di Bergamo. Oltre al presidente Roberto Sestini, sta per lasciare l’incarico di segretario generale Carlo Spinetti che si accomiata dall’ente camerale dopo 48 anni di presenza ininterrotta. Quarantotto anni, già, perché Spinetti  è arrivato alla Camera di commercio il 1° dicembre 1962, dopo aver vinto un concorso: da allora ha fatto tutta la gavetta fino ad arrivare, 11 anni orsono, al ruolo di vertice, quello di segretario generale appunto. E’ con lui che è “cresciuta” la Camera di commercio di Bergamo, che oggi conta 120 dipendenti, una presenza capillare e ben radicata sul territorio, ma è insieme a lui e all’ente che la stessa Bergamo è cresciuta, cambiata, passata attraverso varie fasi che ne hanno fatto di una città e di una provincia ancora povera, una delle terre economicamente e commercialmente avanzate. Per questo la testimonianza di Spinetti è un po’ la sintesi dell’evoluzione di Bergamo tutta.

Com’era la Bergamo degli anni Sessanta, quella che lei ha conosciuto arrivando in Camera di commercio?
Era povera. Io venivo da La Spezia, ho frequentato l’università di Parma e poi anche quella di Milano. Ebbene Parma soprattutto, ma anche La Spezia erano più ricche di Bergamo e della Bergamasca.

Cosa si ricorda dei primissimi tempi qui?
Mi ricordo che avevo una dattilografa che mi faceva da interprete. Mi parlavano in dialetto e io non capivo nulla. Ma il dialetto lo usavano le persone chic, per esempio Simoncini, che è stato presidente della Camera di commercio.

A proposito di presidenti, lei quanti ne ha visti passare?

Cinque: Piero Conti, Attilio Vicentini, Tino Simoncini, Luciano Taddei e Roberto Sestini.

Com’erano, come se li ricorda?

Conti un aristocratico, il rapporto tra lui e il personale della Camera di commercio era molto formale, pochi lo vedevano e gli potevano parlare. Vicentini conosceva molto bene il territorio e venendo dall’industria (la Magrini) è colui che ha portato dentro l’ente uno stile di vita più attento alle esigenze dei lavoratori. Simoncini lo definirei “il nuovo”. Con lui inizia l’attenzione all’export, che prima non c’era. Con Simoncini cambia la storia della Camera di commercio, l’ente si apre al mondo e con l’ente naturalmente l’economia della Bergamasca. Taddei è stato un presidente di transizione, facente funzioni. Sestini infine che dal ’92 è il leader della struttura, prima di essere un grande presidente è un grande uomo. Lo dimostra il fatto che, a 74 anni, ha detto no alla terza candidatura annunciando che serve un rinnovo. Sestini ha accompagnato una serie di opere che davvero cambieranno la realtà orobica: dalla Teb alla Brebemi, alla Fiera. Non c’è bisogno che entri nei dettagli di questi interventi, vero?

Che differenza c’è tra la Camera di commercio degli anni Sessanta e quella del Duemila?
Oggi, rispetto ad allora, l’ente è presentissimo sul territorio. Una volta era un oggetto sconosciuto ai più, adesso dai comuni agli imprenditori, dalle associazioni ai piccoli enti, tutti passano di qui.

Come vede la crisi attuale? E’ preoccupato?

Una cosa è certa, dagli anni Sessanta a oggi questa è la crisi peggiore. Anche se noi continuiamo a fare missioni all’estero, a portare nel mondo i prodotti made in Bergamo: in Marocco, negli Emirati Arabi, in Sudafrica: le imprese che riescono a reggere riescono ancora a prendersi fette di mercati nuovi. Certo, bisogna avere le spalle larghe.

In questo quasi mezzo secolo l’ente ha vissuto momenti difficili, momenti di tensione?

Negli anni Settanta ci sono state tensioni all’interno, tra il personale. Erano i periodi caldi del post Sessantotto che si facevano sentire dappertutto, anche nei rapporti professionali dentro l’ente. Poi c’è stato uno scandalo…

Uno scandalo?
Eh sì, non proprio all’interno della Camera di commercio, ma a lato diciamo: negli anni Ottanta, poco prima di Tangentopoli vennero sorprese e condannate un paio di persone corrotte: si trattava degli esami dei commercianti, ci fu un vero scandalo.

Qual è il momento più bello nei suoi ricordi qui?

La mostra di Lorenzo Lotto. Organizzarla e promuoverla, in giro per l’Europa, è stato esaltante: è stato lì che la Camera di commercio è diventata protagonista non solo tra le imprese ma anche nella realtà sociale. Ho bellissimi ricordi legati a quella mostra. Anche perché siamo stati i primi a teorizzare la promozione del turismo a Bergamo, il turismo che fino ad allora era ritenuto un po’ la cenerentola delle chances economiche.

Lei se ne va e con lei lascia anche Sestini. Cosa suggerirebbe al nuovo presidente?
Gli suggerirei di tener presente il grande esempio di Sestini, ma di non cercare di imitare il predecessore, di dare piuttosto la propria impronta. I tempi cambiano, la realtà si evolve e Bergamo ha bisogno di un leader della Camera di commercio adeguato alle esigenze del momento. E poi gli consiglierei di mantenere stretto il collegamento col territorio: ascoltarlo, perché solo se se ne conoscono le esigenze è possibile aiutarlo e aiutare le imprese.

Quindi, via al ricambio?
Via al ricambio: il potere logora anche chi ce l’ha.

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