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Turchia

La Turchia in Europa? Prospettive, problemi e opportunità

Riflessioni di Silvano Moroni da Ankara

Uno dei temi geopolitici che maggiormente sta suscitando discussioni in Europa, è quello concernente l’opportunità o meno di accogliere la Turchia nell’Unione. Ambizione turca già di vecchia data, essa fu lo scorso anno fortemente rilanciata dalla promozione accordata dagli Stati Uniti al vitale alleato anatolico; la stessa Unione ha infine acconsentito ad avviare dei negoziati che si prevedono molto lunghi (dieci-quindici anni probabilmente), ma che dovrebbero concludersi con l’entrata della Turchia nell’UE. Dato che la prolissità di tali negoziati, inevitabilmente, distoglierà l’attenzione dell’opinione pubblica da questo tema oggi molto caldo, tanto vale battere il ferro finchè è caldo, e cercare di riordinare e chiarirci l’idea. Gli opposti schieramenti, di "turcofobi" e "turcofoni", dicono alcuni commentatori, non sono affatto ben delineati politicamente, poiché la questione offre innumerevoli chiavi di lettura e prospettive: identitarie, religiose, umanitarie, geopolitiche, sono solo alcune delle principali.
E’ per questo che, ad esempio, se in Italia alcune forze hanno avviato un’intransigente campagna d’ostruzionismo anti-turco, in Austria altre ad esse vicine politicamente, si sono dichiarate favorevoli all’entrata di Ankara nell’Unione Europea. Oppure potremmo notare il beneplacito del nostro Primo Ministro e dei cattolici in Italia, e la levata anti-turca verificatasi nella CDU tedesca. Insomma, la situazione è complessa, non certo riconducibile – come qualcuno vorrebbe – ad un problema del tipo "amici dell’Europa contro nemici dell’Europa".
Innanzi tutto bisogna dire che sono 40 anni che Turchia e l’Europa hanno iniziato a stabilire contatti e relazioni ufficiali. Nel 1964 la Cee (Comunità economica europea) e il governo turco firmarono una ‘Association Agreement’ (Convenzione di associazione) che prevedeva la realizzazione di un’unione commerciale fra Europa e Turchia da attuarsi in 3 fasi nell’arco di 13 anni. Nel 1970 l’accordo veniva aggiornato e si stabilivano le date per la creazione di accordi commerciali, uno per beni industriali (da realizzare nel 1982), un altro per i beni alimentari (1992). Le difficoltà economiche interne della Turchia durante gli anni ’70 impedirono però l’applicazione degli accordi. Nel 1980 venne allora deciso un aggiornamento dei patti economici, ma nel settembre di quell’anno la salita al potere dei militari congelò i rapporti Europa-Turchia e i negoziati vennero bloccati. Fu solo nel 1986 che i colloqui turco-europei vennero ristabiliti, ma il partito conservatore di matrice islamica, condizionava la politica turca in direzione anti-europea.
Nel 1987 Ankara presentò per la prima volta la richiesta ufficiale per far parte della Comunità europea e la prima risposta di Bruxelles che risale al 1989 fu evasiva, ma l’allora presidente turco Ozal la giudicò positiva rispetto a un netto rifiuto.
Nel 1999 la Turchia venne riconosciuta in modo ufficiale candidato ad entrare nella Comunità europea. La svolta avvenne nel 2002 quando Recep Tayyip Erdogan, leader del partito islamico moderato Giustizia e Sviluppo (AKP), divenne primo ministro, vincendo le elezioni con un programma di riforme e modernizzazione. Erdogan faceva poi dell’entrata della Turchia in Europa entro il 2012 uno dei punti di forza della sua politica e secondo il ministro delle finanze turco, la Turchia potrà soddisfare i parametri di Maastricht nel giro di 5 anni. Questa un po’ di storia ed ora un po’ di dati per capire con chi si ha a che fare. La Turchia conta 70 milioni di abitanti, al 99% musulmani. I cristiani sono lo 0,6% della popolazione. I cattolici sono circa 30mila. La crescita economica è attorno al 7% l’inflazione è al 25,3% e la disoccupazione al 10,5% (dati del 2003).
 
Bisogna quindi innanzi tutto ricordare alla luce di quanto sopra che la Turchia è già integrata nell’economia mondiale e che la prospettiva dell’ingresso nell’Ue è stata una straordinaria motivazione psicologica per la sua industria e la sua finanza. Oggi però l’atteggiamento di alcuni Paesi europei (in particolare Francia, Germania, Austria) e la lentezza dei negoziati hanno deluso una parte dell’opinione pubblica turca. Ma parlandone con la gente più disparata si evince l’impressione che l’Europa sia ancora al primo posto nella lista delle priorità sia della classe dirigente che in una larga fetta del popolo turco. Di certo il fatto c che la Turchia è una vera e propria potenza regionale e può, all’occorrenza, voltare le spalle all’Unione per coltivare i propri interessi in Medio Oriente, nel mar Nero, nel mar Caspio e nell’Asia centrale, dove popolazioni e lingue sono vecchi rami dell’Impero ottomano e quindi tutto ciò deve essere assolutamente preso in considerazione prima di ogni decisione. Vero è anche però il fatto che l’Europa è il suo principale partner economico (80% dei suoi scambi commerciali) e il depositario dei modelli politici e sociali a cui intende ispirarsi.
 
Esiste quindi un interesse turco – non plebiscitario ma consistente – all’adesione ed esiste, a mio avviso, un corrispondente interesse europeo.
Ormai sono tanti anni che girovago fra i Paesi del Medio Oriente e penso, in particolare, che l’ingresso nell’Ue di un Paese musulmano come la Turchia, ma democratico e laico, gioverebbe ai nostri rapporti con i vicini islamici del Sud e del Sud-est. Ma questa prospettiva si scontra, dopo il frettoloso allargamento dell’Ue e la crisi del Trattato costituzionale, con almeno due ostacoli. In primo luogo alcuni governi europei sanno di non potere imporre l’adesione della Turchia ai loro Paesi in questo momento anche perché le Le trattative per l’ingresso in Europa sono state influenzate anche dai timori per il rispetto in Turchia dei diritti umani, da una mancanza di progressi sul fronte delle riforme e dalla perenne disputa territoriale con Cipro. 
 
In secondo luogo l’ingresso della Turchia nell’Ue allargherebbe enormemente l’area delle nostre responsabilità internazionali. Smetteremmo di essere una unione esclusivamente europea per diventare contemporaneamente una potenza medio-orientale. Non basta quindi che la Turchia completi la sua marcia di avvicinamento anche sul piano istituzionale e civile. Occorre soprattutto che la Ue abbia gli strumenti per governare se stessa e per fare una politica estera conforme ai maggiori impegni che deriveranno dalla sua estensione. Sono questi, al di là dei singoli problemi negoziali, i veri problemi che debbono essere affrontati e risolti poiché contrariamente a quanto si crede solitamente nella nostra regione del mondo, le differenze religiose non costituiscono la principale motivazione di coloro che si oppongono all’ingresso della Turchia in Europa. Piuttosto, ciò che li preoccupa è il fattore demografico. A causa della sua numerosa popolazione, la Turchia occuperebbe un numero sufficientemente alto di seggi al parlamento europeo da conferirle un potere di voto secondo solo a quello della Germania. Per di più, all’attuale tasso di crescita demografica, la Turchia supererebbe persino la Germania al parlamento europeo entro il 2020.
Concludendo è certo che l’ultimo massacro di Malatya solleva dubbi e timori sulla sua adesione. ma siamo sicuri che lasciarsi andare a risposte emotive su un problema così complesso sia la cosa migliore? In Turchia, non solo a Istanbul e ad Ankara, esiste e si esprime una società civile che guarda all’Europa senza per questo rinnegare la propria cultura e le proprie radici: l’Europa come progetto politico. Questa Turchia va sostenuta e difesa perché è proprio questa Turchia l’obiettivo dei fanatici nazionalisti o religiosi. Per l’Europa, e per l’Occidente in genere, lasciare la porta aperta alla Turchia è, proprio in momenti come questi, opportuno per non dire necessario: altrimenti ci troveremo con la vittoria dei fondamentalisti e degli estremisti alimentata anche dalla delusione di chi aveva creduto in noi e invece si è visto sbattere la porta in faccia. E sarebbe una prospettiva inquietante in un area così importante, cruciale già troppo densa di tensioni, rischi ed incognite. Certo l’ingresso richiederà molti anni a venire nella migliore delle ipotesi ma nonostante le persistenti resistenze di diverse capitali europee, la Turchia è sempre più vicina all’ingresso nell’Unione europea.
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