• Abbonati
La lettera

“Con un defibrillatore Marco Cavagna si poteva salvare”

Mirco Jurinovich, segretario regionale del Fialp Cisal Cri Lombardia, torna sulla drammatica morte del vigile del fuoco bergamasco stroncato da un infarto per sottolineare come una miglior dotazione di mezzi di soccorso potrebbe salvare migliaia di vite ogni anno.

Gentilissimo Direttore, spettabile redazione, 
Vi scrivo questo messaggio mentre ancora ho negli occhi le drammatiche immagini delle città e dei paesi dell’Abruzzo distrutti dal violento terremoto, i volti disperati dei sopravvissuti rimasti senza più nulla e quelle 4 interminabili file di bare incolonnate nel cortile della caserma della Guardia di Finanza. In un attimo la popolazione abruzzese di quello sfortunato fazzoletto di terra ha visto la propria vita sconvolta dal dolore e dalla distruzione giunte improvvisamente, in maniera subdola ed inaspettata, sotto forma di scosse telluriche.
E come poter dimenticare Marco Cavagna, il valoroso vigile del fuoco partito da Bergamo al termine del proprio turno di servizio alla volta dell’Abruzzo per portare aiuto ai terremotati, caduto senza vita nell’area di servizio a pochi chilometri da L’Aquila. Il cuore di Marco si è fermato improvvisamente a causa di un’aritmia maligna, subdola e traditrice quanto le scosse di quel maledetto terremoto.
Ma se la scienza non è ancora in grado di prevenire i sismi, altrettanto non si può dire della Morte Cardiaca Improvvisa, una patologia che in Italia provoca 60.000 vittime ogni anno, persone spesso giovani che non hanno mai manifestato sintomi della malattia in passato e che hanno davanti a loro una lunga aspettativa di vita. Un numero totale di decessi di gran lunga superiore alle morti per carcinoma polmonare, AIDS o incidenti stradali.
Il fenomeno è noto ormai da anni e mentre da un lato la scienza si occupa di studiarlo attentamente , la medicina ha universalmente stabilito che per soccorrere un paziente in arresto cardiaco determinato da un’aritmia, bisogna intervenire entro 5 minuti erogando una scossa elettrica controllata mediante un defibrillatore, resettando il tal modo le cellule cardiache e permettendone una efficace ripresa di funzionalità.
Allo stato attuale, nel nostro Paese, la percentuale di sopravvivenza dei pazienti colpiti da arresto cardiaco e drammaticamente attestata all’1%, ma ci sono alcune zone d’Italia che hanno avviato opportuni progetti di defibrillazione precoce innalzando la percentuale fino al 20%.
Bisogna ricordare a tal proposito che nel 2001 il Parlamento ha promulgato una legge (la 120) che consente l’utilizzo dei moderni defibrillatori semi-automatici anche al personale sanitario non medico ed al personale non sanitario (laico) previa la partecipazione ad un breve (8 ore) corso di formazione. Lo scopo del legislatore era evidentemente quello di capillarizzare la presenza di apparecchi sul territorio nazionale, ma la mancata emanazione dei decreti attuativi e la successiva difforme deliberazione di ogni singola regione ha di fatto ostacolato quella filantropica intenzione. Ne deriva che mentre in altri Paesi europei possiamo trovare defibrillatori nelle cabine telefoniche e nelle stazioni della metropolitana, in Italia ci sono, ancora oggi, ambulanze che svolgono il servizio di emergenza sanitaria (118) drammaticamente prive del prezioso strumento salva-vite, condannando i pazienti soccorsi a morte certa.
Inoltre al Senato è in discussione da oltre tre anni un progetto di riforma della legge 120 che prevedrebbe l’obbligo di installazione, oltre che su tutte le ambulanze, anche sui mezzi di soccorso dei Vigili del Fuoco, delle Forze dell’Ordine e in numerosi edifici pubblici ed impianti sportivi dove vi sia un grande affollamento di persone. La norma introdurrebbe anche un beneficio fiscale sulle spese di acquisto del defibrillatore, il cui costo si aggira oggi intorno ai 1.500 €.
Ma tutto è ancora in alto mare e non incontra la dovuta attenzione dei nostri politici troppo indaffarati ad occuparsi della legge sul testamento biologico, ma pronti a commuoversi di fronte a duecento bare tristemente allineate.
Eppure l’arresto cardiaco, nei primi tre mesi del 2009, ha già statisticamente ucciso oltre 15.000 persone e le loro bare, se raccolte tutte insieme, avrebbero occupato ben più delle quattro file di quelle delle sfortunate vittime abruzzesi. Scosse che uccidono e scosse che possono ridare la vita!
Potrei raccontarvi della turista tedesca di 45 anni, vittima di un’arresto cardiaco mentre si trovava in vacanza in un campeggio dell’isola d’Elba, defibrillata e salvata dal proprietario della struttura, oppure della giovane madre di 36 anni forse morta perché l’ambulanza che l’ha soccorsa non aveva a bordo il defibrillatore. E ancora di un altro Vigile del Fuoco di 46 anni, colpito dal “cecchino invisibile” mentre si trovava a casa con la famiglia, soccorso tempestivamente da un mezzo di soccorso avanzato, defibrillato sul posto e riportato in vita, al contrario del bambino di 12 anni crollato improvvisamente a terra nell’aula di un istituto scolastico genovese.
Il defibrillatore semi-automatico è un eccezionale strumento indispensabile per salvare migliaia di giovani vite, ma l’azione di sensibilizzazione sulla vastità del problema è limitata a poche illuminate persone quali il prof. Alessandro Cappucci, il dott. Antonio Destro e l’on. Ignazio Marino che a mio avviso non incontrano un’adeguata attenzione da parte di istituzioni e media.
L’arresto cardiaco improvviso è una delle principali cause di decesso nel mondo, circa un abitante su mille ne viene colpito. Inoltre, sovrapponendo a questa cifra le stime di indagini più recenti, possiamo affermare che si tratta di un fenomeno in progressiva crescita.
Alla luce di questi dati allarmanti, è necessario prendere atto che l’arresto cardiaco improvviso non è una questione medica tout court, ma un problema che coinvolge l’intera comunità e di cui ogni cittadino, nessuno escluso, deve avvertire la responsabilità. Non possiamo lasciare che persone sane, giovani e con una lunga aspettativa di vita muoiano in maniera improvvisa e ingiustificata!
Nel ricordo di Marco Cavagna vi invito a trattare l’argomento sul vostro quotidiano e colgo l’occasione per inviarVi un cordiale saluto.

Mirco Jurinovich
Segretario Regionale
FIALP-CISAL CRI Lombardia
Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI