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Blitz anti prostituzione, sgominata organizzazione di protettori albanesi video

Ventuno arresti e sette obblighi di dimora: ?? il bilancio dell'operazione Rosa contro lo sfruttamento della prostituzione. Nel mirino una "rete" di albanesi, che controllavano le lucciole provenienti dall'Est e si avvalevano del supporto di alcuni bergamaschi, tra cui un 70enne di Dalmine e un impiegato pubblico. "Insospettabili" che ospitavano le donne.

I carabinieri del Comando provinciale di Bergamo hanno eseguito in varie provincie del Nord Italia 27 misure cautelari nei confronti di una banda di sfruttatori di prostitute che agiva in Bergamasca ma anche a Milano, Pavia, Crema e Torino. Nell’operazione "Rosa", condotta da 150 militari, sono ventuno gli arresti in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia in carcere e sette gli obblighi di dimora notificati. Quattro gli albanesi arrestati a Bergamo, mentre due bergamaschi sono stati denunciati e hanno ricevuto l’obbligo di dimora. Entrambi sono residenti a Dalmine, uno dei due ha 70 anni: ospitavano le ragazze e le accompagnavano al "lavoro", in cambio di denaro elargito dagli albanesi. Tra gli indagati a piede libero in Bergamasca ci sono anche altre cinque persone, una delle quali è impiegata in un ufficio pubblico. Non c’erano dunque solo navigati delinquenti nel giro, ma anche qualche cosiddetto insospettabile.
I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Bergamo su richiesta del pm Carmen Pugliese. Il gruppo criminale era composto da elementi di etnia albanese e rumena, che sfruttavano la prostituzione di donne provenienti da paesi dell’est europeo. Le ragazze, una trentina tra albanesi, romene, moldave e ucraine, esercitavano in prevalenza lungo la Villa d’Almè – Dalmine.
L’organizzazione, suddivisa in piccoli gruppi interagenti fra loro, si dedicava ad incamerare gran parte dei guadagni delle lucciole in collaborazione con altri connazionali residenti in Albania, che con documenti falsificati si attivavano per l’ingresso in Italia delle ragazze. Il sistema prevedeva protezione e controlli assidui, anche dall’Albania. Le donne venivano minacciate a tal punto da essere costrette, per paura di ritorsioni e violenze fisiche da parte degli stessi sfruttatori, a chiedere il permesso anche solo per cambiare posizione di lavoro lungo la strada. In alcuni casi accettavano anche prestazioni per 15 euro, pur di aumentare il guadagno giornaliero. "Queste ci stanno facendo guadagnare troppo poco" si lamentavano infatti gli sfruttatori. Pietoso il caso di una giovane albanese, che aveva chiesto di interrompere l’attività perché incinta. Gli aguzzini l’hanno costretta ad abortire pur di lasciarla sulla strada.
Il procuratore della Repubblica Adriano Galizzi ha sottolineato l’importanza delle intercettazioni: "Hanno permesso di ricostruire la rete delle complicità. Senza intercettazioni non sarebbe stato possibile  risalire dalle foglie all’albero dell’organizzazione".

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