• Abbonati
Israele

Elezioni in Israele, si decide tutto a destra

Alla vigilia del voto la situazione tra i candidati con gli ultimi pronostici su chi sarà chiamato a guidare lo stato di David

A destra, ma quanto a destra? A neanche un mese dalla fine del conflitto di Gaza, Israele va alle urne e si prepara a premiare lo schieramento conservatore: i laburisti di Barak secondo i sondaggi sono ai minimi storici, mentre la destra del Likud e il centrodestra di Kadima si attesterebbero entrambi intorno al 20-25%. La vera novità che scombussola lo scenario sarebbe però la forte affermazione dell’ultradestra di Israel Beitanu ("Israele casa nostra") guidata da Avigdor Lieberman, formazione nazionalista con tratti accentuatamente antiarabi e razzisti, anch’essa oltre il 20%.
 
Fino agli ultimi giorni di dicembre la grande favorita era Tzipi Livni (Kadima), ministro degli esteri di ferro forgiato dall’esperienza impegnativa della precedente guerra in Libano, pronta a prendere il posto di Ehud Olmert, travolto da uno scandalo che lo ha messo ai margini della politica israeliana. A cambiare le cose, però, è intervenuta l’operazione "Piombo fuso". Contrariamente alle aspettative, la campagna militare non ha sortito effetti positivi per l’esecutivo in carica: la superiorità mostrata sulle forze palestinesi di Gaza, l’idea del "mostrare il pugno di ferro agli arabi", il rifiuto di ogni arretramento sul fronte delle colonie ha finito per rafforzare la destra del Likud guidato da Netanyahu e persino quella di Avigdor Lieberman. Originario dell’ex Unione Sovietica, il leader dell’ultradestra nazionalista ha condotto una campagna elettorale quanto mai aggressiva, incentrata sull’espansione dei confini e delle colonie e sulla proposta di espulsione in toto dei cittadini arabo-israeliani (il 24% della popolazione), considerati una grave minaccia interna. Di fronte all’avanzata di Lieberman – che punta ad assicurarsi 30 seggi sui 120 della Knesset – e del Likud, anche Kadima ha messo in campo una strategia più aggressiva, comprendente anche un rilancio della politica delle colonie: la Livni ha ipotizzato anche un nuovo insediamento da millequattrocento famiglie in Cisgiordania e un rafforzamento di quelli già esistenti.
Frammentato il voto arabo-israeliano, diviso tra partiti di scarsa consistenza: nè l’esclusione dalla competizione elettorale di due fazioni radicali  dichiarate inammissibili dalla Corte Costituzionale, nè la parallela minaccia di Lieberman sono riusciti a ricompattare la minoranza araba.
Su tutto, però, permane l’incertezza di quel 15% degli elettori che ancora non ha le idee chiare.
 
Nelle ultime ore, la paura di un eccessivo ridimensionamento di Kadima ha spinto Ehud Olmert ad uscire allo scoperto per appoggiare Tzipi Livni, sua avversaria interna, accantonando le divergenze emerse negli ultimi mesi. «Ha tutte le capacità per guidare lo Stato e per andare avanti nel processo di pace, spero che venga eletta» ha detto l’ex premier, che aveva ipotizzato anche un ritiro consistente dalla colonie di Cisgirodania, in contrasto con quanto sostenuto dalla "nuova Golda Meir". Ma la ritrovata unità nel partito che fu la scommessa di Sharon potrebbe non bastere per ottenere la vittoria. Perchè alla fine pare proprio che non vincerà nessuno: il nuovo esecutivo dovrà essere per forza una sintesi tra i partiti della destra
.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI