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Ambiente

“Per riscaldare le case dei bergamaschi basterebbe pescare il calore del terreno”

L'idea è stata lanciata da una ricerca dell'Università di Bergamo, messa a punto con la collaborazione del Cnr. "Il calore geotermico è pulito e affidabile - spiega il professor Cossali - ma comporta investimenti importanti. Servirebbe una sorta di ecoincentivo per convincere i privati a installare la pompa di calore". Che in estate diventa sistema di raffreddamento.

L’idea è semplice, rivoluzionaria e soprattutto pulita: sfruttare il calore geotermico per riscaldare le abitazioni. A immettere il tema nel dibattito sulle fonti energetiche alternative, quanto mai attuale, ci ha pensato l’Università di Bergamo, che ha dedicato all’argomento un interessante capitolo nella ricerca "Il futuro del territorio", presentata qualche giorno fa. "Abbiamo voluto lanciare una provocazione – spiega il professor Elvio Cossali, titolare della cattedra di fisica tecnica presso la facoltà di ingegneria – perché questa tecnologia darebbe un bel contributo nella lotta all’inquinamento, tagliando in maniera sensibile le emissioni degli impianti di riscaldamento. E bisogna considerare che si può applicare praticamente ovunque, anche a Bergamo e provincia".
Ma come funziona l’impianto geotermico? In parole semplici, pesca calore nel terreno, a circa cento metri di profondità, e lo diffonde nell’ambiente da riscaldare. Non si brucia nessun combustibile, perché la pompa funziona con l’energia elettrica. "E questo rende meno conveniente questa soluzione rispetto ad altri Paesi europei, perché noi italiani siamo quelli che pagano le bollette più salate. In Francia, Germania e Svizzera il riscaldamento geotermico si sta diffondendo molto: rende al massimo con i pannelli radianti, ovvero le serpentine inserite nel pavimento". 
L’investimento al momento non è indifferente: "Difficile quantificare, perché la spesa varia a seconda dell’abitazione – spiega Cossali – ma possiamo dire che i tempi di ammortamento variano da un minimo di quattro a un massimo di otto anni, proprio per il costo dell’elettricità. Ci vorrebbe una spinta dall’alto, penso ad esempio a degli incentivi. In ogni caso, abbiamo stimato che per ogni unità elettrica consumata verrebbero prodotte all’incirca quattro unità di energia termica".
Finora nessun ente locale si è mostrato interessato all’argomento: "No, per ora no. So però che ci sono alcune aziende bergamasche che stanno approfondendo il tema. Bisogna considerare che il riscaldamento geotermico è assolutamente sicuro e affidabile, perché si basa su tre tecnologie da tempo sperimentate: pompa di calore, pannelli radianti e sonde geotermiche". La ricerca dell’Università, messa a punto con la collaborazione dei geologhi del Cnr ("E’ il primo frutto della sinergia iniziata due anni fa"), ha abbozzato una mappatura stratigrafica della provincia di Bergamo: approfondendo gli studi, si potrebbero individuare le zone dove questa tecnica potrebbe rendere al massimo. "In linea di principio funziona dappertutto, perché il terreno a una certa profondità custodisce il calore, però alcune zone possono rivelarsi particolarmente adatte. Certamente è più facile scavare in pianura che in montagna, ma non ci sono grosse difficoltà. Non solo, il sistema può essere utilizzato anche d’estate: in questo caso la pompa di calore funziona al contrario: pesca il calore nell’edificio e lo scarica nel terreno". 
Basta crederci, insomma. Chi è interessato alzi la mano e si faccia avanti. 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la precisazione del Comune di Bergamo:
Egregio Direttore,
il Comune di Bergamo è in procinto di realizzare la nuova scuola dell’infanzia di via Codussi (il cantiere aprirà all’inizio del 2009) con il sistema di riscaldamento/raffrescamento geotermico, esattamente quello di cui si occupa oggi, martedì 9 dicembre, l’articolo di Marco Birolini ("Per riscaldare le case dei bergamaschi basterebbe pescare il calore del terreno"). Il tutto è stato reso noto al momento dell’approvazione in Giunta del progetto esecutivo (13 marzo 2008) e riportato dalla stampa locale. Perché affermare, come si fa nel pezzo, che “nessun ente locale si è mostrato interessato all’argomento”?

Prendiamo atto della sensibilità ambientale del Comune di Bergamo e speriamo che altri seguano l’esempio.  E soprattutto, che la scuola dell’infanzia di via Codussi non resti un caso isolato.

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